Il giallo Crocetta-Tutino| Spunta una telefonata

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10 Dicembre 2015, 16:20

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PALERMO – La prova della calunnia non è evidente. Respinta la richiesta di giudizio immediato nei confronti dei cronisti Piero Messina e Maurizio Zoppi. Sono gli autori dell’articolo pubblicato da L’Espresso sulla presunta intercettazione tra il governatore siciliano Rosario Crocetta e il suo medico Matteo Tutino che, riferendosi all’allora assessore regionale alla Salute, Lucia Borsellino, avrebbe detto “va fatta fuori, come il padre”. Una frase che non è agli atti delle indagini della Procura di Palermo. Il giudice per le indagini preliminari Gioacchino Scaduto ha accolto l’opposizione alla richiesta dei pubblici ministeri, dando ragione agli avvocati di Carlo Federico Grosso, Fabio Bognanni e Nino Caleca.

Secondo il Gip, bisognerà seguire l’abituale iter che prevede la celebrazione dell’udienza preliminare nel corso della quale si deciderà se i due imputati meritino o meno di essere processati per avere calunniato il comandante dei carabinieri del Nas, Mansueto Cosentino: “L’accertata inesistenza di una conversazione fra Crocetta e Tutino avente il contenuto riferito non prova con la forza necessaria a giustificare l’omissione dell’udienza preliminare né la falsità della notizia né l’insussistenza del reato attribuito alla presunta parte offesa (e cioè l’eventuale fuga di notizie ndr)”. 

“Il pubblico ministero ha introdotto nel presente procedimento, che costituisce una costola del procedimento principale a carico di Tutino – scrive Scaduto -, alcune intercettazioni telefoniche intercorse con Crocetta che non esauriscono affatto il compendio delle conversazioni intercettate ed intercorse fra molteplici soggetti coinvolti a vario titolo nell’indagine”. Poi aggiunge che “nulla consente, pertanto, di escludere che l’espressione incriminata, o altra similare, possa essere stata pronunciata da Tutino o da altri nel corso di una conversazione con comprese tra quelle allegate al procedimento”. Circostanza importante per accertare l’elemento psicologico del reato contestato.

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Lo stesso giudice precisa infine, ed è questo il passaggio decisivo, che “deve rivelarsi che dal complesso del materiale probatorio emergono, con riguardo agli ipotizzati reati di calunnia, elementi non univoci – in particolare emerge chiaramente che tra l’imputato Messina e Cosentino vi era una relazione di amicizia e frequentazione; che più di una volta i due avevano trattato l’argomento Tutino – Borsellino; che certamente tra le tante conversazioni intercettate ve n’era almeno una in cui qualcuno aveva affermato che era necessario “far fuori” l’assessore, sia pure in un senso politico e con esclusivo riferimento al ruolo ricoperto – che non consentono di ravvisarvi il necessario carattere dell’evidenza”.

Come dire, qualcuno avrebbe pronunciato una frase simile a quella incriminata, anche se non sappiamo chi e soprattutto se Crocetta sia rimasto in “colpevole” silenzio come scritto nell’articolo. È sull’esistenza di questa frase che si giocherà la partita processuale.

La Procura ha sempre smentito: Tutino non disse che la Borsellino “va fatta fuori, come il padre”, dialogando con Crocetta. E, in effetti, riascoltando tutte le conversazioni fra medico e governatore, in fase di incidente probatorio, della frase incriminata non c’è traccia. Ora, però, Scaduto scrive che qualcuno, dunque non Tutino, disse che “era necessario fare fuori l’assessore sia pure in senso politico”. 

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10 Dicembre 2015, 16:20

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