“Calpestata la mia dignità | Lasciatemi scontare la pena” - Live Sicilia

“Calpestata la mia dignità | Lasciatemi scontare la pena”

L'ex governatore in carcere per mafia replica alle accuse di "visite sospette" e presunti favoritismi lanciate dal quotidiano: "Solo calunnie, denuncerò tutto all'Autorità giudiziaria. Ho sempre rispettato le regole di Rebibbia. E' vero, ho visto tanti politici, di tutti i partiti. Quando si soffre, ogni segno di umanità è sacro".

PALERMO – “Quello che ho letto è meschino e calunnioso. Mi rivolgerò all’autorità giudiziaria”. Dal carcere di Rebibbia, l’ex governatore Totò Cuffaro va al contrattacco, preannunciando una denuncia nei confronti del Fatto quotidiano e degli altri giornali che pochi giorni fa hanno raccontato delle “visite sospette” e dei presunti favori in carcere nei confronti dell’ex presidente della Regione.

Cuffaro affida il suo “stupore” e la sua “amarezza” a una nota con la quale ripercorre i suoi anni di detenzione. Per l’ex governatore, in carcere per mafia, “tutto ciò indicato sui miei presunti intenti e comportamenti è falso ed infondato e trovo meschino e calunnioso – scrive Cuffaro – quanto riportato su una persona che rispettosa della giustizia sta scontando la sua pena e sta vivendo all’interno di un carcere privata della propria libertà”. E per questo motivo, come detto, Cuffaro preannuncia un esposto: “Mi rivolgerò all’Autorità giudiziaria – scrive – per far valere le mie ragioni. Ho chiesto all’amministrazione dell’Istituto di pena di Rebibbia di valutare l’opportunità di fare altrettanto a tutela dell’immagine del carere e dell’operato dei suoi funzionari e degli agenti del corpo di Polizia penitenziaria”.

Qualche giorno fa il “Fatto quotidiano” ha raccontato di una indagine su visite sospette in carcere che avrebbero consentito a Cuffaro di gestire il proprio patrimonio, nonostante la detenzione. Una inchiesta che avrebbe coinvolto il sottosegretario di Ncd Simona Vicari e altri politici siciliani.

Poi, come detto, Cuffaro ripercorre questi anni di detenzione: “E’ sotto gli occhi di tutto il personale di Rebibbia – racconta – il mio comportamento: sin dal primo giorno in cui mi presentati spontaneamente e per tutti i 1620 giorni di detenzione non ho mai ricevuto e tanto meno chiesto favoritismi. Con l’amministrazione del carcere e con gli agenti della Polizia penitenziaria c’è stato un reciproco rispetto improntato nel rispetto dei ruoli, il mio è sempre stato quello di una persona detenuta. Vivo – prosegue Cuffato – in una cella ‘da quattro’ con altri detenuti ove abbiamo circa 2,70 metri calpestabili a testa e ho la possibilità di fare soltanto due telefonate al mese di 10 minuti e solo quattro ore di colloqui mensili, non mi è mai stato autorizzato ad usare in cella un personal computer che pur l’ordinamento penitenziario prevede per chi studia e che altri detenuti usano. Nonostante ciò, non mi sono mai lamentato, ho sempre vissuto la vita detentiva adeguandomi a tutto ciò che mi veniva imposto o richiesto”.

Poi, l’ex governatore tocca anche un tasto “dolente”: “Non mi è stato concesso – ricorda infatti – neppure un permesso di sole 24 ore per far visita a mia madre che ha 92 anni ed è malata, tale permesso è previsto dall’articolo 30 ter dell’ordinamento penitenziario, che viene regolarmente applicato”.

Quindi Cuffaro entra nel merito dei fatti contestati dal quotidiano, descrivendo i “protocolli” con i quali vengono disciplinate le visite in carcere. “I parlamentari e le persone a loro seguito che fanno le visite nelle carceri – spiega – sono sempre accompagnati da un funzionario dell’amministrazione (vice direttore) e dagli agenti di polizia penitenziaria; quando parlano con i detenuti gli agenti e il funzionario sono presenti e ascoltano la conversazione, ed intervengono interrompendo se si parla di argomenti non attinenti al carcere. Tutto ciò – precisa Cuffaro – è avvenuto in maniera più precisa e rigorosa nei miei confronti. È vero, ho ricevuto le visite di moltissimi parlamentari di quasi tutti i partiti, così come ho scritto nei miei libri, sono state solo e sempre brevi visite, dall’esclusivo ma pregnante significato e valore umano. Quando si è nella sofferenza – aggiunge – ogni segno di umana sensibilità è sacro. Non ho mai parlato con nessuno della tutela del mio patrimonio, non avevo e non ho motivo per farlo. Quello che ho è frutto del mio lavoro e di quello di mia moglie, è tutto documentabile, non ho nulla da nascondere e meno che mai ho cose nascoste”.

“Essendomi stato tolto da oltre un anno il vitalizio – continua Cuffaro – quello che ho lo sta utilizzando la mia famiglia per vivere e per pagare quasi cinquecentomila euro di spese penali al Ministero di giustizia e parte per risarcire la Regione siciliana per le sentenze di condanna della Corte dei conti per danno all’immagine della Regione e per danno erariale. È molto triste quello che hanno scritto questi giornali. Hanno scritto cose non vere, hanno speculato sul senso di umanità e hanno calpestato la mia dignità. Chieso soltanto – conclude Cuffaro – di lasciarmi finire di scontare la mia pena in pace e spero si ponga fine a questa continua gogna mediatica”.


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