Da Agrigento al Viminale | Alfano, il fedelissimo di Berlusconi

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27 Aprile 2013, 19:19

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PALERMO – Da semplice deputato a vero e proprio uomo di fiducia di Silvio Berlusconi in materia di giustizia. Dalla segreteria del Pdl alla stanza dei bottoni del Viminale: Angelino Alfano, agrigentino, classe 1970, è stato ancora una volta promosso sul campo dal Cavaliere che lo ha fortemente voluto come vicepremier di Enrico Letta nel governo delle larghe intese, e titolare di un ministero pesante come quello dell’Interno. Dell’ex premier Alfano è il pupillo. Già passato per ‘miracolato’ all’interno di Forza Italia, quando nel maggio del 2008 ascese all’incarico di ministro della Giustizia, entrando di diritto nel guinness dei primati come il più giovane Guardasigilli nella storia della Repubblica (solo 38 anni), il successivo incarico di segretario del Pdl ne ha sancito definitivamente il suo ‘peso’ all’interno del partito di Berlusconi. E la sua iniziale timidezza, dovuta anche alla consapevolezza della responsabilità dell’incarico in via Arenula, ha lasciato subito il posto ad una fredda determinazione nell’affrontare il dossier giustizia nel momento di massima tensione con la magistratura.

Sposato, padre di due figli, Alfano è un fedelissimo di Silvio Berlusconi. Il suo primo provvedimento come neo ministro della Giustizia è stato proprio il lodo che porta il suo nome, la legge approvata il 22 luglio 2008, che prevedeva la sospensione dei processi a carico delle quattro più alte cariche dello stato (Presidente della Repubblica, Presidente del Senato, Presidente della Camera dei deputati e Presidente del Consiglio per l’intera durata del loro mandato), dichiarata poi illegittima dalla Corte Costituzionale nell’ottobre 2009. Sorriso perenne sulle labbra e nervi d’acciaio, Alfano è noto per il suo aplomb, che però ha ‘tradito’ in più di un’occasione, come quando nell’aula della Camera, tra la sorpresa generale, ha gettato via come un frisbee la sua tessera per votare, che è andata a finire tra i banchi dell’Idv. Un moto d’ira contro il presidente della Camera che aveva stoppato le operazioni di voto ‘tagliando’ fuori i ministri ritardatari.

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Alla guida del partito Alfano è arrivato nel giugno del 2011, chiamato dal Cavaliere a rimettere in sesto il Pdl dopo la debacle delle amministrative. Ora la nomina a vicepremier e l’incarico di ministro dell’Interno: un doppio ruolo politico e tecnico con il prediletto di Berlusconi chiamato a garantire la ‘tenuta’ del governo e, allo stesso tempo, ad affrontare nodi importanti del suo ministero. Il primo su tutti, la nomina del nuovo capo della polizia dopo la morte, un mese fa, di Antonio Manganelli.

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27 Aprile 2013, 19:19

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