Dai pannoloni alle conferenze | Sicilia, terra dell’incontinenza

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17 Maggio 2015, 19:22

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PALERMO – Serviranno venti milioni di pannoloni. Solo in provincia di Palermo, isole comprese. Venti milioni di pannoloni, nella terra dell’incontinenza. E se ti sposti dal problema “fisiologico” a quello politico, scopri che forse qualche altro pannolone servirebbe. Perché c’è incontinenza e incontinenza. E la vicenda del mega-bando che ha portato al rinvio a giudizio dell’ex manager dell’Asp Salvatore Cirignotta finisce per essere immagine di quell’altra, irrefrenabile necessità. Mi scappa, sì. Ma mi scappa la denuncia.

A cosa sarebbe servito quel bando finito nelle cronache giudiziarie, scandendo con le notizie che emergevano strada facendo questa pima metà della legislaura? Intanto, va ricordato che non si trattava di una gara come le altre. L’appalto era di quelli “pesanti”: oltre 40 milioni di euro. Soldi che sarebbero serviti a “garantire” la bellezza di 20 milioni di pannoloni in un anno solo per la provincia di Palermo. La fornitura maggiore sarebbe stata quella riguardante il “pannolone-mutandina grande” con oltre 13,4 milioni di pezzi. Altri tre milioni sarebbero stati quelli di dimensioni medie e meno di mezzo milione i piccoli. A questi vanno aggiunti i pannoloni “sagomati”: circa 4 milioni in tutto. Numeri che rappresentano, ovviamente, solo delle stime. Visto che sarebbe stato rimborsato solo l’oggetto effettivamente consegnato a domicilio al paziente, come prevedeva l’originaria versione del bando. Un pannolone che doveva essere recapitato a ciascuno dei circa 65 mila affetti da incontinenza nella provincia di Palermo, nelle isole Pelagie e in quella di Ustica. Circa 300 pannoloni l’anno per ciascuno. Quasi uno al giorno.

Quel bando, come sappiamo, è stato inizialmente revocato dal governo Crocetta. E le successive notizie provenienti dai tribunali avrebbero anche confermato la buona scelta del governatore e del direttore dell’Asp di Palermo Antonio Candela, subentrato (dopo la breve parentesi Battaglia) a Cirignotta. Il governo regionale però ha voluto fare di più, nonostante la stessa Procura che aveva indagato su Cirignotta avesse deciso di “dissequestrare” il bando, bloccando anche la successiva gara. Fino alla decisione del Tar, di pochi giorni fa, che ha dato ragione alla società Santex. Quella gara, secondo i pm, si poteva fare.

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Incontinenza amministrativo-mediatica, si potrebbe definire. Che ha spinto il governatore ad andare oltre. Aveva, del resto, raccontato ai quattro venti dello “scandalo degli scandali”. Quello di una Regione dove a tutti, a troppi “scappa” (e sul tema il presidente aveva anche simpaticamente ironizzato). A quel punto, difficile tornare indietro. E riconoscere, ad esempio, alla Santex il ruolo di “vittima” della presunta turbativa d’asta operata da Cirignotta.

Perché c’è incontinenza e incontinenza. E quella “verbale” del presidente della Regione è circoscritta, anche temporalmente, dalla vicenda della gara per i pannoloni. Nella Sicilia incontinente infatti, a “scappare” è spesso la denuncia. Dalla quale non si può (o meglio, non si deve) mai tornare indietro. Sebbene adesso siano in tanti a storcere il naso. Lo ha fatto persino un giudice come Lorenzo Matassa, tra l’altro proprio nel settore della Sanità, definendo “strampalate” le denunce presentate dall’ex primario dell’ospedale Villa Sofia Matteo Tutino con l’avallo (e persino in qualche caso con la consegna “formale” agli uffici giudiziari) del presidente Crocetta. E lo ha fatto anche il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone, in occasione della Leopolda sicula, puntando il dito contro quel “rito della denuncia”. Fino ai giorni nostri, con l’epocale annuncio di aver “scoperto” 800 grandi evasori che erano stati scoperti da altri (l’Agenzia delle entrate, per la precisione). E di aver compiuto una mega-ispezione che la società in questione (Riscossione Sicilia, per essere precisi) non può compiere. Infine di aver recuperato un miliardo che non si recupererà mai e di aver individuato prestanome e riciclatori di denaro sporco che al momento non hanno un volto, un nome e tantomeno una indagine sulle spalle. E scatenando anche in questo caso la reazione di qualche alleato di governo come l’ex ministro D’Alia che ha parlato di “inutili polveroni”.

Ma quello della denuncia, nella Sicilia dell’incontinenza, è davvero un rito. Una ripetizione. Costante, frequente. Variopinta. Una liturgia scandita da momenti-chiave. Uno: il comunicato stampa che “dice ma non svela”. Due: la roboante conferenza condita – anche in questo caso restiamo in tema – dal richiamo all’impellente necessità di fare “igiene politica”. Tre: l’approdo sui giornali e – se va meglio – sulle televisioni nazionali. Quello, a pensarci bene, è il posto preferito, quando scappa. Comparsate ad altro rischio. Quella della “scivolata” e dello strafalcione. O, per dirla col giudice palermitano,  delle “ricostruzioni strampalate”. E in quei casi, a qualche siciliano potrebbe accadere di farsela sotto. Per le risate. O a volte per la paura.

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17 Maggio 2015, 19:22

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