02 Maggio 2021, 06:29
2 min di lettura
Daniel il clochard è morto, nella città che ha accolto il chiudersi dei suoi occhi con una alzata di spalle. Stavolta non c’è stata nemmeno la finzione del cordoglio. E, tutto sommato, meglio così. Meglio, cioè, una cattiva verità che una ipocrisia con una carta da parati social di faccine e lacrimucce.
Daniel il clochard i suoi occhi li ha chiusi a piazzale Ungheria, in centro, nella ‘zona movida con qualsiasi colore’. Il Covid è un alibi in più. Non l’abbiamo visto perché c’è la pandemia in corso, ci ripetiamo. Ma sorge il motivato sospetto che sarebbe comunque andata così.
Daniel il clochard aveva trentotto anni. Probabilmente non si lavava con assiduità, forse non era simpatico e non trattava tutti con gentilezza: si può concedere. Ma quando il mondo, intorno, è un giardino per pochi, protetto da un recinto e da cartelli con la scritta ‘pussa via’ non è semplice vincere il concorso universale di Mister Garbo.
Daniel il clochard aveva due cani. E questo ce lo rende, invece, simpaticissimo. Chi parla con i cani, con i gatti e magari fraternizza, senza escludere l’amor proprio degli scarafaggi, è uno che ha già prenotato un posto in Paradiso, che è come una grande Arca di Noè. Solo che non piove mai.
E questi due cani adesso staranno soffrendo come persone, anche se si dice che siano stati adottati da Pavel, amico di Daniel. Chi non ha mai abbracciato un cane, un gatto (o uno scarafaggio) non sa quanto tutto possa essere casa, perfino il marciapiede.
Giusy Caldo non conosceva Daniel, ma conosce il dolore. E racconta: “Certo che ci sono i dormitori, ma non possono funzionare come unica opportunità con chi vive per strada, perché va costruito un rapporto. E poi nessuno lascerebbe i suoi cani per andare a dormire al riparo. Chi vive per strada ha spesso problemi di dipendenza, di solitudini, come dicevo: va costruito il rapporto umano di affetto e fiducia. Parliamo di esseri umani”.
E gli esseri umani hanno un imperdonabile vizio. Vogliono essere amati. Daniel il clochard era amato dai suoi cani e da qualche altro quadrupede o bipede. Per il resto era un signor Nessuno che ha fatto notizia nell’ora della sua morte.
E io me li ricordo tutti i signor Nessuno che ho incontrato nella mia carriera di cronista ed erano tutti qualcuno, qualcuno pure migliore di me o di altri con la casa, il salotto e perfino il camino.
E mi ricordo, come sempre, di Vicè delle Poste che stava sulla scalinata in via Roma e non permetteva che anima viva lo avvicinasse. Poi, in una notte ridondante di stelle, si lasciò accogliere dalla lettiga di un’ambulanza. Guardo qualcosa in cielo che gli ricordava la felicità. Sorrise. E morì.
(foto d’archivio)
Pubblicato il
02 Maggio 2021, 06:29