14 Ottobre 2021, 06:04
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PALERMO – Se non è già bellissima, la performance elettorale del partito del governatore Musumeci, poco ci manca: per Giusy Savarino, deputata schierata sulla prima linea di queste Amministrative, “parlano, più dei proclami di coloro che rivendicano straripanti vittorie, i fatti. E il fatto più importante – dice – è che il nostro partito non è una meteora né un episodico ingrediente elettorale che ha consentito, e auspico consentirà ancora, l’elezione del presidente della Regione. Si conferma, invece, attore protagonista della scena politica, radicato con range percentuali fra l’8 e l’11% nelle parti più eterogenee della Sicilia, capace di esprimere una classe dirigente di amministratori giovani e fidati. In molti ad esempio – continua la parlamentare – continuano a celebrare i propri fasti a Favara. Hanno vinto tutti, parrebbe. I fatti dicono semplicemente che a Favara, dove peraltro i Cinquestelle sono letteralmente spariti dopo il successo di quattro anni fa, il primo partito è il nostro. Un partito capace di raggiungere il 10% a Vittoria, l’11% a Pachino, il 5% a Lentini, e di conquistare nei paesi a sistema maggioritario, i palazzi di città, fra gli altri, di San Biagio Platani, Gioiosa Marea, Torregrotta…”.
Ma fatto, e che fatto, è anche il flop di Caltagirone, dove il centrodestra unito ha avuto un brusco risveglio: “Non sarò certo io a negare il passo falso – risponde Savarino – e dovremo analizzarne insieme con gli alleati le ragioni. Ha pesato la rinuncia improvvisa di Gino Ioppolo e la circostanza che il candidato di Forza Italia non sia riuscito purtroppo a vincere in un tempo risicato, due settimane, lo spaesamento di un elettorato molto legato al sindaco uscente. Una lezione per noi e per tutta la coalizione. I nostri elettori si sono sentiti abbandonati e parlano anche qui i numeri, con il distacco di 12 punti percentuali fra le liste che sostenevano il candidato sindaco e il candidato stesso”.
Savarino boccia senza appelli le alleanze con il Pd, messe in campo da Forza Italia e, ad Alcamo, pure dall’Udc, sulla falsariga del modello Draghi. “Anche qui per me parlano i fatti e le cifre – commenta – le quali ci mostrano per esempio il caso emblematico di Ettore Di Ventura, sindaco uscente, è arrivato soltanto terzo mentre Forza Italia ha rischiato grosso di non superare lo sbarramento. A questo punto, per il centrodestra la vera sfida è restare unito e, soprattutto, scegliere buoni candidati”.
Ma pure… un buon candidato, quello alla prossima presidenza della Regione. Diventerà bellissima non teme che dopo i buoni risultati del suo nuovo progetto centrista, Cuffaro si giocherà le proprie fiches anche lì? “Io ho grande rispetto per questa nuova iniziativa politica da parte di Cuffaro – risponde in sintonia Alessandro Aricò, capogruppo a Sala d’Ercole – ma assistiamo ancora a fenomeni, per quanto incoraggianti, di rilievo locale. E poi, le prime parole dello stesso Cuffaro su possibili assi con Italia viva e i radicali di +Europa, non so quanto c’entrino con noi. E quanto calzi, oggi, il termine centrista”. Aricò getta lo sguardo alla prossima battaglia campale per la presidenza: “Il successore di Musumeci per noi è Musumeci – dice – e non per una semplice questione di appartenenza, ma perché quattro anni fa è stato chiaro a tutti. Musumeci ha unito il centrodestra, mentre noi per primi raccoglievamo firme per le primarie… Quando si è candidato, la coalizione di centrodestra era ai minimi storici di unità e coordinamento. A Palermo si candidava addirittura come anti Orlando, Ferrandelli, che ha tutt’altra, opposta cultura. I nostri alleati erano a livelli molto bassi, Musumeci è stata la cura e, poiché non è un palliativo, lo sarà ancora, per l’intero centrodestra”.
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14 Ottobre 2021, 06:04