Test del dna sul clochard| L’assassino ripreso dalle videocamere?

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02 Maggio 2012, 09:57

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Un caso complicato. Di difficile decifrazione. La svolta nelle indagini per l’omicidio di Antonietta Giarrusso potrebbe arrivare dalle immagini delle videocamere di due negozi vicini a quello della commerciante di 65 anni uccisa lunedì. L’assassino, come ha stabilito l’autopsia, ha agito da solo e si è accanito su di lei con diciassette coltellate. Gli agenti della Squadra mobile, guidati dal dirigente Carmine Mosca, stanno analizzando i filmati che, comunque, non riprendono l’ingresso del negozio di parrucche di via Dante. La speranza è che in qualche fotogramma si veda l’assassino fuggire via.

Intanto il clochard interrogato dalla polizia è stato sottoposto al prelievo del dna. Gli inquirenti confronteranno il profilo genetico dell’uomo, sottoposto a tso e ricoverato in un reparto psichiatrico, con eventuali tracce biologiche che verranno trovate sulla scena del delitto e sulla vittima: il medico legale sta cercando di accertare la presenza di resti sotto le unghie della Giarrusso.

Ma non c’è al momento una pista privilegiata. Gli investigatori, coordinati dal procuratore aggiunto Maurizio Scalia e dal sostituto Gaetano Paci, stanno scandagliando la vita della Giarrusso a caccia di un indizio. Una rapina finita in tragedia, un delitto passionale, una questione di soldi: si indaga su tutti i fronti.

Sono stati interrogati i familiari della donna: il marito, Giuseppe Messina, oggi quasi novantenne, ex tecnico dei Cantieri navali, con cui si era sposato otto anni fa, il figlio di quest’ultimo e i nipoti. Ne è venuto fuori il ritratto di una quotidianità serena, tanto che gli investigatori escluderebbero la pista familiare.

E’ stato il marito, di cui la vittima si prendeva cura, a trovare la porta del negozio chiusa e ad avvertire la polizia. Si è insospettito non solo perché continuava a chiamare invano la moglie al telefono, ma anche perché non c’erano le chiavi appese dall’interno. Era un’abitudine della Giarrusso che apriva solo a clienti che conosceva bene. Lavorava quasi esclusivamente su appuntamento. Delle due l’una: o la donna si fidava dell’uomo che ha bussato alla sua porta oppure è stata spinta dentro il locale, magari mentre si trovava fuori in pausa. Non ci sono, però, testimoni. Nessuno che abbia notato qualcosa di strano.

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Lo storico negozio di parrucche era in perfetto ordine. L’assassino non ha rovistato. Gli investigatori hanno trovato sotto una pila di carte su uno scaffale un migliaio di euro in contanti. L’eventuale bandito potrebbe non avere trovato il denaro. E’ certo, però che non lo ha neppure cercato.

Che la vittima avesse prestato dei soldi a qualcuno? Quella dell’usura è solo una voce di quartiere e non un’ipotesi investigativa. La donna non navigava nell’oro. La certezza si avrà solo dall’analisi, qualora venisse autorizzata, della sua situazione bancaria. Di certo, nel negozio non sono stati trovati né appunti, né documenti, né promemoria di eventuali cifre da incassare.

Non convince la polizia neppure la pista del clochard interrogato ieri e sottoposto a trattamento sanitario perché affetto da schizofrenia. In passato aveva dato segni di squilibrio tanto da impaurire i commercianti della zona. Gli stessi che hanno fatto il suo nome alla polizia. Così come il delitto appare slegato da un vecchio episodio di cronaca.

Qualche anno fa la Giarrusso aveva denunciato due tossicodipendenti che continuavano a chiederle soldi. Una coppia di fidanzati. La ragazza è morta per un’overdose, il ragazzo sta ancora scontando una condanna per estorsione.

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02 Maggio 2012, 09:57

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