Dentro la casa del magistato,|fugge e spara un fumogeno

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19 Settembre 2008, 11:33

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Un altro segnale preoccupante per i magistrati impegnati in prima linea nel contrasto alla criminalità organizzata. Il sostituto procurate delle Dda di Palermo, Nino Di Matteo, è stato, infatti, protagonista di un episodio dai contorni oscuri, avvenuto domenica sera a Santa Flavia, vicino Palermo.

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Il giudice era andato a trovare i suoi genitori per cena quando, gli uomini della sua scorta, appostati fuori dalla casa hanno udito rumori sospetti. Avvicinatisi alla fonte del rumore hanno visto una persona darsi alla fuga alla loro vista e sparare un razzo segnalatore. La scorta non ha potuto inseguirlo, il suo compito impone di restare a tutela della persona, ma il tratto di strada è stato subito raggiunto da diversi mezzi delle forze dell’ordine. Dell’uomo fuggito nessuna traccia. E diventa inquietante questo episodio a distanza di pochi giorni da un fatto simile accaduto al giudice Giacomo Montalbano, a San Nicola l’Arena, sempre nella costa est del Palermitano. In quel caso l’uomo che si era introdotto nella casa di villeggiatura dell’ex gip di Palermo (ora alla Corte d’appello di Caltanissetta) era riuscito ad appiccare le fiamme agli alberi della pineta che circondano l’abitazione. Questa volta, invece, chi si è introdotto, scavalcando la recinzione, non è riuscito a fare danni, ma la preoccupazione monta.
Nino Di Matteo è da sempre uno dei magistrati della procura di Palermo maggiormente impegnato nella lotta a Cosa nostra. E’ lui, palermitano, ad aver condotto il processo per le stragi del ’92 quando era procuratore di Caltanissetta. Nel capoluogo siciliano, nella sua scrivania, ha avuto i faldoni più scottanti delle ultime storie di mafia. L’inchiesta “Grande mandamento” che ha portato all’arresto e alla condanna dei fiancheggiatori di Bernardo Provenzano. Legata a questa vicenda, il pm ha coordinato le indagini e sta conducendo il processo sul centro commerciale che sarebbe dovuto sorgere a Villabate, terra dei Mandalà. Con Maurizio De Lucia e Michele Prestipino, coordinati da Giuseppe Pignatone, ha condotto il processo “Talpe” alla Dda, fra i cui imputati v’era anche l’ex governatore Salvatore Cuffaro. Da questo processo Di Matteo si tirò fuori dopo aver ottenuto la condanna per Mimmo Miceli in un processo parallelo basato sugli stessi fatti. Per lui l’ex presidente della Regione doveva essere processato per concorso esterno in associazione mafiosa e non per favoreggiamento a Cosa nostra. E proprio lui, infatti, ha nella scrivania il fascicolo dell’inchiesta che contesta a Cuffaro proprio il concorso esterno. Ancora, ha coordinato l’operazione “Gotha” che portò in cella la nuova cupola palermitana, guidata dal corleonese purosangue, Nino Rotolo. Ma, in tempi più recenti, il pm ha anche firmato l’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere il presunto gruppo di fuoco bagherese che voleva fare fuori il vecchio boss filo-Provenzano Lo Iacono. A Bagheria, paese attaccato a Santa Flavia.

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19 Settembre 2008, 11:33

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