14 Dicembre 2018, 20:07
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PALERMO – Ieri il voto era da ripetere, altre volte è mancato il numero legale, altre volte ancora la legge è passata grazie ai tesserini dei deputati “fantasma”. All’Ars la maggioranza non esiste.
Il sofferto “sì” alle variazioni
Con la votazione finale sul disegno di legge sulle variazioni di bilancio all’Assemblea regionale Siciliana si è conclusa una settimana densa di votazioni.
Alla fine il ddl è passato con 31 voti favorevoli su 51 votanti e 59 presenti. Ma gli esiti non sarebbero stati questi se il presidente Giovanni Di Mauro non avesse notato “delle irregolarità nelle votazioni” che lo hanno portato a far ripetere una prima votazione nella quale i “sì” non erano sufficienti: il ddl sarebbe stato bocciato. “Qualche collega – ha notato però Di Mauro – non è stato messo nelle condizioni di votare”. Meglio ripetere la votazione. Subito dopo, così, i votanti sono 51, la maggioranza è stata pari a 26 e i favorevoli sono diventati 31: sette in più rispetto a qualche minuto prima. Scampato pericolo.
Cosa sarà successo in quei concitati minuti non è dato saperlo. Forse ci sarà stato qualche distratto o forse sarà arrivato un appoggio alla maggioranza. Nell’uno e nell’altro caso non sono mancate le defaillance dei partiti che sostengono il governo.
Scivoloni però durante la settimana non ne sono mancati. Il più vistoso è stato registrato mercoledì sera quando alla “coalizione che appoggia il governo” sono mancati i numeri su uno dei punti chiave della mini manovra di dicembre, quello sugli oltre 11 milioni da spostare per la pulizia dei letti dei fiumi. Tutto durante la seduta del 12 era filato liscio. La maggioranza teneva compatta, seppur sul filo dei numeri, su ogni votazione segreta con un 32 a 31 costante. E quando un deputato ha minacciato di votare contro l’interruzione per ritrovare l’accordo è durata più di un’ora. Poi complice il languorino dell’ora di cena o forse la precisa volontà di attentare all’autorizzazione di spesa per 11 milioni in 7 giorni i numeri sono mancati e l’emendamento per fare saltare la pulizia dei fiumi è stato appoggiato da 31 deputati contro i 29 a favore.
Maggioranza inesistente anche in Commissione
Sempre in settimana, però, la maggioranza ha registrato una batosta nella commissione Affari istituzionali con la bocciatura alle nomine degli Istituti autonomi delle case popolari di Palermo, Catania, Trapani, Messina e Siracusa. La prima commissione, prima, ha detto sì alle nomine di Giovanni Ardizzone e Nino Caleca nel Consiglio di giustizia amministrativa (Cga) e, subito dopo, ha bloccato le nomine di alcuni volti noti alla politica siciliana: l’ex consigliere comunale di Palermo Nunzio Moschetti, il fedelissimo di Nello Musumeci Angelo Sicali, il presidente della Camera penale di Barcellona Pozzo di Gotto Giuseppe Calabrò, e due forzisti: Paolo Ruggieri (poi transitato in Diventerà bellissima) e Nicoletta Piazzesi. Il rigetto di queste nomine da parte della commissione parlamentare non è stato per nulla gradito da Marco Falcone che ha chiesto al presidente dell’Ars di annullare il voto della commissione. Questa infatti è tenuta ad esprimere un controllo di regolarità mentre qualche deputato avrebbe parlato di voto politico. Ma il problema è, appunto, politico.
Governo “costretto” a presentarsi in Aula
L’equilibrio tra le forze che appoggiano il governo di Nello Musumeci è talmente difficile da mantenere che basta un soffio per farlo cadere. La prova plastica del tentativo di mantenere i numeri è la presenza nei banchi del governo di tutti gli assessori che sono pure deputati. Nessuno si può assentare e ormai per chi frequenta l’Ars un segnale racconta che quel giorno il governo porterà a casa il provvedimento, che l’accordo c’è l’accordo e si vota: “Il presidente (Musumeci, ndr.) è a Palazzo”.
Il numero (il)legale
Conclusa questa corsa per pagare gli stipendi, l’Ars si torna a riunire con il vecchio ordine del giorno a cui rimane iscritto un voto finale altrettanto simbolico: quello per il riconoscimento dei debiti fuori bilancio derivanti da sentenze esecutive. L’ultimo tentativo di portare a casa la legge è stato il 29 novembre, quando in sala d’Ercole è mancato, per la terza volta consecutiva, il numero legale.
In tanti, in quei giorni, hanno parlato di un tentativo dei feudatari della coalizione di maggioranza di lanciare segnali in vista della negoziazione da fare nella sessione di bilancio mentre il presidente della Regione ha minimizzato: “Qualche deputato ha paura di corrispondere con il suo patrimonio di questi debiti”. Un fatto, la mancanza del numero legale, che si è ripetuto diverse volte anche in passato, nonostante in questi mesi l’Assemblea non abbia poi prodotto tante leggi. In qualche caso, però, una soluzione “tampone” era stata trovata: al posto dei deputati, a votare erano i loro “tesserini”: i parlamentari erano altrove, mentre il loro badge garantiva i numeri necessari a Sala d’Ercole. Finché qualcuno ha protestato: i deputati del Movimento cinque stelle hanno puntato il dito contro alcuni scranni vuoti dai quali, magicamente, arrivava il segnale della presenza del deputato. “Chi è seduto lì?” hanno chiesto in Aula. Semplice: la maggioranza inesistente.
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14 Dicembre 2018, 20:07