08 Marzo 2024, 05:01
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CATANIA – “Ricordo che della problematica dei debiti fuori bilancio parlavo con i miei colleghi direttori, ma in maniera colloquiale”. “Non si ricorda in maniera diretta con chi ne ha parlato?”. “No, non ricordo”. Sul banco dei testimoni c’è il direttore dell’Urbanistica Biagio Bisignani. Dalla parte di chi fa le domande, invece, ci sono i pubblici ministeri Fabio Regolo e Fabio Saponara. Il processo, che va avanti ormai a ritmi piuttosto serrati, è quello per il dissesto del Comune di Catania.
Tra gli imputati c’è l’ex sindaco del capoluogo etneo Enzo Bianco, oltre che assessori, assessore, dirigenti e componenti del collegio dei revisori dei conti. Tutti accusati di avere avuto responsabilità in un default che, secondo l’accusa, è stato causato da una cattiva gestione della cosa pubblica condensata nel quinquennio 2013-2018. Quello dell’ultima amministrazione Bianco. È tra i testimoni chiamati dalla difesa del primo cittadino che ha sfilato, nell’ultima udienza, l’ingegnere Bisignani.
Direttore dell’Urbanistica dall’1 agosto 2016 e tutt’ora alla guida degli uffici di via Biondi, Bisignani si smarca subito da uno dei temi portanti del processo che si celebra in piazza Verga: “La mia direzione non ha particolarmente a che fare con i debiti fuori bilancio. Noi non abbiamo grandi spese…“, sottolinea l’ingegnere. Ciò che l’Urbanistica è chiamata a gestire sono, per lo più, incassi: quelli per gli oneri di urbanizzazione, per esempio.
“Qual era la situazione relativa alla riscossione degli oneri di urbanizzazione, quando lei è arrivato?”, gli domanda il professore Giovanni Grasso, difensore dell’ex primo cittadino, che ha voluto Biagio Bisignani nella sua lista di testimoni. “Quando arrivai – risponde l’ingegnere – cercammo di fare una ricognizione degli atti amministrativi e contabili, per verificare lo status di riscossione degli oneri concessori”.
Palazzo degli elefanti incassava, fino al 2016, circa un milione e mezzo di euro ogni anno. Adesso i milioni sono quasi sette, sottolinea Bisignani. “Sono tutti dati pubblici, li trovate sull’Amministrazione trasparente del Comune”. Da agosto 2016, cioè dall’arrivo dell’ingegnere, a dicembre dello stesso anno, ci sarebbe stata un’impennata del valore di circa mezzo milione di euro. Poi la crescita è stata costante e graduale.
Cifre che, anno dopo anno, andavano inserite nel bilancio di previsione. “Io verificavo ciò che era stato svolto nell’anno precedente, e ciò che era stato incassato. Sulla base di quelle cifre facevo, di solito, una previsione leggermente più bassa, in modo di essere sicuro di evitare sforamenti. Se, al controllo semestrale, mi accorgevo che c’era un incremento sostanzioso, lo comunicavo alla Ragioneria”, spiega il direttore dell’Urbanistica.
Negli anni oggetto dell’inchiesta, però, il bilancio consuntivo dell’anno prima e il bilancio previsionale dell’anno dopo spesso avevano processi di approvazione piuttosto complessi, che portavano a ritardi consistenti e ad approvazioni, in Consiglio comunale, non lineari. “Se non c’era un consuntivo, lei dove controllava i dati degli anni precedenti?”, domanda il pubblico ministero Fabio Regolo. “Direttamente sul conto corrente delle Poste dedicato agli oneri di urbanizzazione“, replica Bisignani. Cioè: guardava il saldo. Movimenti, liquidità: un’analisi sufficiente per formulare la previsione di incasso del Comune di Catania per l’anno successivo, sostiene l’ingegnere.
Sui debiti fuori bilancio, però, la questione si complica. “Come venivano gestiti?”, domanda Regolo. “Io non affrontavo di petto quel tema… Lo conoscevo per sentito dire, per esserne genericamente a conoscenza”, replica Bisignani. “Abbiamo capito, lei incassa e non spende, va bene. Ma ne parlava con qualcuno?”, insiste Regolo. “No, perché non erano problemi miei”. “E di chi?”. “Ricordo, genericamente, dei Servizi sociali. Ma sa, io sono un tecnico, non mi occupo delle cose su cui non posso essere preciso. Avvertivo, però, che i debiti fuori bilancio erano un problema”.
“Era una sua sensazione?”, interviene il magistrato Saponara. “No no, ne ho parlato”. “Con chi? Ci faccia nome e cognome”. “Non ricordo”. La testimonianza volge al termine. Non prima di un’ultima domanda del professore Giovanni Grasso: ci sono state – domanda l’avvocato – intromissioni della politica in atti strettamente tecnici? “Professore – replica Bisignani – per quanto mi riguarda, no. Nel lavoro che era di mia competenza, io non avrei mai accettato nessuna ingerenza“.
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08 Marzo 2024, 05:01