19 Luglio 2019, 06:05
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A ventisette anni dalla strage di via D’Amelio, uno dei sentimenti che resiste al tempo e si fortifica è la gratitudine nei confronti dei figli di Paolo Borsellino.
La gratitudine è una sacrosanta e amorevole declinazione, nel ricorrere del diciannove luglio, per il giudice Paolo, per gli uomini della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina. E per tutte le vittime e i sopravvissuti, per familiari, per gli amici che hanno portato la croce del dolore e della ricerca della verità, come un’ustione sulla carne viva. Non sempre si può essere d’accordo su tutto, sulle scelte e sui percorsi; sempre l’affetto non è venuto meno.
E poi (prima) ci sono i figli di Paolo Borsellino. Che meritano un abbraccio duraturo, con la scomparsa signora Agnese, perché, nella testimonianza pubblica di una mutilazione privatissima, hanno fornito una prova di fierezza. Chi è soltanto passato, magari per un minuto, nell’abitazione paterna ha respirato un’aria di forza domestica, un’unione che nemmeno il tritolo è riuscito a devastare.
Chi scrive compì una fugace apparizione per la morte della signora Agnese. Un salone inondato dalla luce, la signora che pareva addormentata con le braccia conserte, il ritratto sornione del marito appeso a un muro e Lucia che smistava il traffico dei condolenti con la sua abituale grazia. Fu Lucia a ricomporre i resti del genitore. Fu Lucia a presentarsi, pochi giorni dopo, ai suoi esaminatori sbigottiti in facoltà. Lucia Borsellino è la mitezza che non allude mai alla resa e che non ha bisogno di alzare la voce.
Manfredi conserva la sua fresca anima da ragazzo, innamorato del pallone e delle estati. Forse è quello che, intimamente, ha vissuto con una pena non più profonda degli altri – è un abisso per tutti – ma più tormentata. Si è uniformato alla consegna della discrezione, pure per via del suo ruolo di servitore dello Stato. Ma quando si è reso necessario parlare davanti al presidente della Repubblica, per riceverne l’incoraggiamento, Manfredi Borsellino non si è tirato indietro. E ha inanellato le parole di un intervento indimenticabile.
Il nome di Fiammetta risuona con maggiore eco nelle cronache recenti, per la sottolineatura di una sete di giustizia che appartiene agli uomini di buona volontà. E non si può non apprezzare la risolutezza di chi ha fatto capire che non ci sono domande scomode sul 19 luglio.
Lucia, la mitezza. Manfredi, il coraggio. Fiammetta, la tenacia. Ma si possono rimescolare nomi e qualità a piacere, i conti torneranno.
Tutti e tre i figli, nell’indipendenza di vite autonome, hanno esaltato la semina di un grande padre, strappato alle loro carezze nei giorni dell’estate e della felicità, e di una madre indimenticabile. Hanno portato con tenerezza la loro croce, i ragazzi di Agnese e di Paolo, senza smarrirsi mai. Per questo e per altro ancora: grazie.
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19 Luglio 2019, 06:05