Due baffi, una foto e un bluff | Quanti sfregi, povero Falcone

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06 Maggio 2016, 12:05

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Guardatela bene questa foto che mette tristezza. E non dimenticatela mai. Sullo sfondo risplendono il sorriso e la cravatta di Giovanni Falcone; in primo piano, Pino Maniaci, l’ultima testa dell’antimafia rotolata nella polvere dell’ignominia. Guardatela e domandatevi: come è potuto accadere?

E qui non c’entrano le eventuali responsabilità penali, tutte da dimostrare, né il quadro di mortificazione che trapela dalle intercettazioni, come al solito annodate in forma di cappio, per impiccare allo sdegno popolare il cattivo di turno, prima del processo. E’ proprio una questione di grandezza: il piccolo e l’immenso messi impropriamente insieme. I baffetti di Maniaci, lo sguardo furbo di chi deve industriarsi tra fame e celebrità, la sua antimafia gridata e, forse, venduta e comprata, secondo le accuse piovute come fango sul monumento dell’attimo prima.

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I baffi vigorosi di Giovanni Falcone, la limpidezza del suo tratto, la sua antimafia di giudice, chino sulle sudate carte e sempre dentro i codici, nonostante i chiodi che lo crocifissero in vita. Ecco, più che il ragionamento è un brivido a cogliere colui che scruta. E fosse accaduto soltanto in un’occasione… L’agiografia antimafiosa è ricolma di pigmei che hanno osato mettersi in posa all’ombra dei giganti. Proviamo a enumerarli: coloro che si sono proclamati discepoli di Paolo, a sua insaputa, i nipotini morali di Giovanni, una pletora di duri e puri che si è arrogata il diritto di stilare le sue liste di proscrizione, ingrassando i portafogli e sporcando l’innocenza; le voci stentoree che urlano “Giovanni e Paolo” nei cortei, innalzando rinnovabili fantocci al rango di sovrani del bene e del male e non rendendosi conto dell’impostura.

Sì, guardiamola bene questa foto e tutte le altre in cui qualcuno ha impropriamente riempito lo spazio bianco accanto agli eroi. E poi domandiamoci: ma come, come è stato possibile?

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06 Maggio 2016, 12:05

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