27 Novembre 2012, 15:22
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PALERMO – Le primarie del centrosinistra rischiano di rivelarsi un vero e proprio tsunami per il Pd. E non solo a livello nazionale. I risultati usciti dai gazebo di domenica scorsa, infatti, hanno in qualche modo ridisegnato la geografia del potere dei big democratici e dato luogo a nuovi rapporti di forza destinati a incidere profondamente in vista delle prossime Politiche.
Un trend che vale in tutto il Paese e, in particolar modo, in Sicilia. I gazebo siciliani, infatti, al netto delle entusiastiche dichiarazioni di facciata dei vertici regionali e locali, descrivono un Pd in pieno tumulto il cui nuovo uomo forte oggi è Francantonio Genovese. Ex sindaco di Messina, ex segretario regionale del Pd, il leader della corrente Innovazioni è l’unico big siciliano a uscire rafforzato da queste primarie che diventano l’ennesima dimostrazione della portata del suo consenso.
E per capirlo è sufficiente guardare ai numeri diffusi dal tavolo organizzativo delle primarie. Messina, feudo del rampollo di una storica famiglia democristiana, è per esempio la Provincia che ha registrato il maggior numero di votanti, ovvero 30.380: cifra da capogiro, specie se rapportata alla popolazione del peloritano di gran lunga inferiore alle province di Palermo e Catania che, sebbene superino il milione di residenti, praticamente doppiando quelli di Messina, si fermano rispettivamente a 28.332 e 22.470. E qual è la Provincia in cui Bersani ottiene la percentuale più alta? Semplice, sempre Messina che regala al segretario nazionale il 64,25 per cento delle preferenze contro il 45,56 del capoluogo e il 48,3 della città etnea.
Un exploit in piena regola, che è solo l’ennesimo successo di Genovese capace, unico fra i big del partito, di piazzare un assessore “politico” nella giunta Crocetta, ovvero il segretario del Pd messinese Nino Bartolotta, così come di aumentare rispetto a cinque anni fa le preferenze del cognato Franco Rinaldi, risultato il più votato alle ultime Regionali con 18.664 preferenze, 51 in più rispetto al 2007 in un periodo di piena anti-politica. Insomma, è Genovese il vero uomo forte del Pd siciliano e sarà lui a dare le carte in vista delle annunciate elezioni nazionali di marzo dalle quali dipenderanno anche i futuri assetti del partito.
Ma il successo di Genovese mette in luce anche i risultati poco esaltanti degli altri big democratici, specie a Palermo. Nonostante il partito isolano fosse al 100 per cento con Bersani, dal segretario regionale a quelli provinciali, passando per parlamentari nazionali e regionali, l’esecutivo e, specie nel capoluogo, anche consiglieri provinciali e comunali, Bersani in Sicilia non va oltre il 51 per cento e a Palermo si ferma addirittura al 45. Un risultato molto al di sotto delle aspettative che, viste le forze in campo, davano il segretario nazionale capace di fare il pieno delle preferenze, anziché fermarsi poco sopra la metà.
Una performance non particolarmente brillante dei vertici del partito, specie a Palermo, che ha creato non pochi malumori tra i democratici e che alcuni, dentro il Pd, già leggono come un chiaro segnale di sfiducia nei confronti dei dirigenti. Una situazione resa ancor più problematica dal fatto che proprio in Sicilia il Pd ha da poco eletto il governatore, che in prima persona si è speso per Bersani: uno schiaffo in piena regola, quindi, in una Regione in cui il Pd sulla carta dovrebbe dettare legge.
E da segnalare c’è anche un altro dato, che probabilmente è il più sorprendente: il 30 per cento ottenuto dei renziani. Una percentuale al di sotto della media nazionale, che però in Sicilia vale doppio se si considera che a sostenere il sindaco di Firenze sono un ex deputato regionale come Davide Faraone, un candidato sindaco sconfitto alle ultime comunali come Giacomo D’Arrigo e alcuni amministratori locali di piccoli centri in giro per la Sicilia, oltre a due ex consiglieri comunali di Palermo come Salvo Alotta e Salvo Mirabile. Insomma, non esattamente un’invincibile armata che però, contro ogni sondaggio che li dava al 10 per cento, hanno saputo raccogliere quasi un terzo delle preferenze con picchi a Palermo, Trapani, Ragusa e Siracusa.
Comunque vada a finire domenica prossima, la conquista del ballottaggio è già un successo per il sindaco di Firenze che, anche se perdesse, è ormai consacrato come un attore politico di primo piano che già da lunedì potrà sedersi al tavolo delle trattative. In caso di vittoria bersaniana, Renzi sarà comunque l’oppositore interno numero uno e in questa veste potrà trattare con i maggiorenti del partito in Sicilia per ottenere un posto al sole per i suoi, anche per le prossime Politiche. Così il Pd potrebbe ritrovarsi i rottamatori in posti chiave del partito, con buona pace di chi aveva esultato per la sconfitta di Faraone alle Regionali. E in caso di vittoria di Renzi, lo tsunami potrebbe anche essere peggiore.
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27 Novembre 2012, 15:22