03 Agosto 2019, 06:00
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PALERMO – Ci mancava la massoneria. All’assessorato regionale all’Energia sono spuntati i grembiulini. La faccenda si complica perché a indossarlo era il funzionario Lucio Lutri, ora accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e radiato dalla loggia massonica di cui faceva parte. C’è anche il suo nome nell’elenco degli arrestati del blitz dei carabinieri del Ros e del comando provinciale di Agrigento che ha colpito la cosca mafiosa di Licata.
L’indagine della Dda di Palermo si concentra sulla rete di relazioni di Lutri che si sarebbe attivato per favorire innanzitutto Giovanni Lauria, detto “il professore”, già condannato per mafia e ora piazzato alla guida della famiglia di Licata.
Relazioni e non solo: Lutri in assessorato ha condiviso la valutazione di alcune pratiche con Alberto Tinnirello, dirigente del Servizio Terzo (“Autorizzazioni e concessioni”), arrestato nell’inchiesta che ha coinvolto Vito Nicastri, il ” re” dell’eolico. Nicastri ha ricostruito le visite in assessorato per “velocizzare” le concessioni dei suoi impianti di energie alternative. Lo ha fatto di persona fino al 2009, convinto che “pagare” i burocrati fosse il metodo più sicuro per ottenere una corsia preferenziale. Un metodo che si sarebbe scontrato con le idee del professore genovese, e suo socio in affari, Paolo Arata, il quale preferiva battere la strada dei rapporti con i politici. Nicastri ha fatto i nomi di Tinnirello, del funzionario Giacomo Causarano, e di altri dipendenti pubblici compiacenti.
Il punto è che ormai da un decennio l’assessorato di viale Campania è al centro delle inchieste. Uno dei primi scandali coinvolse gli allora onorevoli regionali Gaspare Vitrano e Mario Bonomo, condannati in primo grado per induzione indebita a dare o promettere utilità. Anche in questi processi, giunti alla fase di appello, si parla di tangenti pagate per avere il via libera agli impianti.
Sotto processo, ancora in primo grado, c’è Salvatore Rando, che nel 2015 era dirigente all’assessorato regionale. Rando e l’imprenditore Vincenzo Salvatore Sucato, consulente esterno di un’azienda di Roma, si diedero appuntamento per sbloccare l’autorizzazione di un impianto fotovoltaico a Ragusa. Le cimici registrarono la consegna del denaro: “… questi sono i tuoi con più… mille e nove, sono tre e nove… aspetta che ho pure cento che le ho prese a parte…”.
In altre occasioni sono emerse falle nei sistemi di controllo. Ci sarebbero stati imprenditori che, dopo avere ottenuto finanziamenti comunitari e nazionali attraverso la Regione, non avrebbero realizzato quanto previsto negli accordi.
La politica, che non si è dimostrata impermeabile, quantomeno non è stata capace di evitare che i burocrati facessero il bello e il cattivo tempo in assessorato. Un assessorato polveriera che, non a caso, è stato affidato negli anni a magistrati come Nicolò Marino e Vania Contrafatto, prefetti come Giosuè Marino, uomini dell’antimafia come Salvatore Calleri, anima della fondazione intitolata ad Antonino Caponnetto, il magistrato che inventò il pool antimafia. Infine, ed è storia recente, si è scelto un papa straniero come assessore. In Sicilia è arrivato dal Nord Alberto Pierobon, la cui voce è rimasta impressa nelle intercettazioni ed è ancora in corso di valutazione se e come abbia dato una mano a Paolo Arata. Cambiano gli assessori, ma gli scandali restano.
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03 Agosto 2019, 06:00