Era il 1997… 21 anni di pizzo | Una storia di mafia e di riscatto

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17 Novembre 2018, 07:57

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PALERMO – Giugno 1997 – novembre 2018: ci sono delle date che hanno segnato la vita dei fratelli Cottone. Coincidono con l’inizio e la fine di una storia di pizzo, sopraffazione mafiosa e, infine, di riscatto.

Ventuno anni fa i due imprenditori rilevano la pizzeria “La Braciera” di via Resuttana, a Palermo, che sotto la loro gestione è divenuta una delle più premiate a livello nazionale. Che non sarà un’avventura facile si intuisce da subito. L’immobile, infatti, è di un ergastolano, Giuseppe Guastella. I vecchi gestori, l’avvocato Salvatore Ruta e la moglie, così raccontano i Cottone, li mettono in guardia. Per avere serenità la mafia pretende 6 milioni di lire all’anno. Il denaro viene incassato da Totuccio Binasco, oggi deceduto, gestore di un bar allo Zen che ha mediato il pagamento dell’estorsione.

I Cottone hanno rilevato l’attività commerciale e con essa pure il pizzo. Fino al 2004 gli imprenditori pagano regolarmente la stessa cifra con la sola variazione da 6 milioni a 3 mila euro. Due rate all’anno, le più canoniche: una a Pasqua e l’altra a Natale. Nel 2004 la pazienza dei Cottone vacilla. Uno dei fratelli prende l’iniziativa. Chi vive e lavora in un quartiere sa a chi ci si deve rivolgere. L’uomo forte è Giovanni Niosi. Di lui hanno anche parlato in giornali. Ottengono uno sconto: 1.500 euro all’anno, la metà di quanto pagavano prima, da versare in due rate. Niosi fa in tempo ad incassarne solo una. Poi, nel 2005 viene arrestato. Per due anni i mafiosi si “dimenticano” dei Cottone. Fino a quando uno dei fratelli non viene convocato da Salvatore Di Maio. È quest’ultimo che adesso vuole il pizzo perché, dice, “è una storia che non finirà mai”. Chi paga una volta, pagherà per sempre. Si arriva quasi allo scontro fisico.

A Di Maio subentra Pietro Salsiera. È lui l’uomo giusto perché conosce i Cottone. Gestisce, infatti, un supermercato nella stessa strada dove abitano i titolari della pizzeria che tornano a versare 1.500 euro nelle casse di Cosa nostra. Ad incassarli sono lo stesso Salsiera e poi Antonino Cumbo, che viene arrestato all’indomani della consegna del denaro, il 16 gennaio 2007.

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Gli arresti fanno respirare i Cottone che nel 2010 subiscono una nuova richiesta estorsiva. Stavolta a farsi avanti sono Mario Napoli e Carlo Giannusa. Si presentano nel locale, chiedono come vanno le cose e annunciano che ripasseranno per “gli auguri di Natale”. Anche loro finiranno in carcere. Lasciano il testimone ad Antonino Siragusa e Antonino Tarallo. Della riscossione viene incaricato Luigi Siragusa. L’ultima richiesta arriva da Michele Pillitteri: 200 euro al mese. I Cotone non pagano.

Nel frattempo esce dal carcere Niosi che convoca uno dei titolari nella sua autofficina di viale Regione Siciliana. Da lì a pochi giorni in pizzeria giungono Sergio Macaluso e Domenico Mammi: “Cercati un amico e mettiti a posto”. La misura è colma. I Cotone escono in strada, bloccano la Smart dei due mafiosi, oggi pentiti, e chiamano il 113.

Da qui inizia un percorso di denuncia, “netta e circostanziata”, sostenuta da Addiopizzo e raccolta dai carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Palermo. L’ultima tappa di una vita di soprusi e riscatto è di ieri. Un’ordinanza di custodia cautelare chiesta dalla Procura raggiunge tutte le persone che hanno fatto capolino nella vita dei fratelli Cottone, proprietari della pizzeria La Braciera.

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17 Novembre 2018, 07:57

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