E.T. Giovinco, figlio di Bisacquino| che “bastona” sempre il Palermo

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04 Ottobre 2008, 11:49

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Un campione bonsai, un genietto dai geni anche siciliani. Lo chiamano solo “formica atomica” – come l’insetto supereroe dalla felpa arancione, il cartone animato di Hanna&Barbera – ma Sebastian Giovinco, 21 anni, 1,64 m., 39 di piede vellutato, è un extraterrestre atterrato a Torino perché il padre Giovanni, ex libero in Eccellenza, lasciò Bisacquino (in provincia di Palermo) per cercare lavoro.

Con la moglie Elvira, calabrese di Catanzaro Lido, abbandonarono il Sud nel 1970 e lui trovò un posto da operaio in un’industria metalmeccanico a Beinasco, vicino Mirafiori, nell’hinterland torinese. Lì, lontano dal calcio ai tempi delle veline e dei settimanali patinati, è cresciuto Sebastian (nome del nonno, addolcito dalla madre che cassò la “o” finale), col fratello Giuseppe, altro astro nascente del vivaio juventino. Lì, al bar del viale principale, passa le sue serate con gli amici di sempre (compagni nelle sue prime squadrette la Riber di Borgo Melano o la San Giorgio). Le alternative sono il vicino Warner Village, multisala cinematografica, o il centro commerciale in cui mangia piadine, leccornia seconda solo alla pasta al forno con le verdure che cucinano a casa. Guarda film (adora Monica Bellucci), segue Kobe Bryant e tutta l’Nba in tv, gioca alla play-station, ascolta la musica di 50 Cent, Vasco Rossi e Ligabue, ma anche certe canzoni napoletani, “virus” eredità di alcuni cugini campani. Certo a nessuno dei suoi amici hanno dedicato un fumetto (SupeSeba, allegato al mensile Calcio 2000) e nessuno di loro sarà testimonial di una nota marca di rasoi. Per il resto però il numero 20 della Juve vive la più normale delle vite. D’estate non va a Formentera, ma a Copanello, nel mar Jonio della Calabria…

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Banali le sue giornate, straordinari i suoi colpi, quelli di una perfetta eccezione nel muscolare calcio contemporaneo. È semplice e ambizioso come tanti fuoriclasse. E mentre fa faville in Champions e dichiara di pensare solo a giocare, i suoi agenti D’Amico e Pasqualin – novelli gatto e volpe – tessono la tela di un contratto che passerà da 50.000 euro a 750.000 euro all’anno, premi esclusi. Giovinco – di famiglia milanista convertita al bianconero – fu scartato dal settore giovanile del Toro per il fisico minuto e valorizzato nel vivaio juventino, scelto a 8 anni, da Antonio Marchio, adesso tecnico degli Esordienti bianconeri. Dai Pulcini alla Primavera, con i tecnici Maggiora, Schincaglia, Storgato, Chiarenza (che è di Termini Imerese) si è cucito i colori della Juve sulla pelle. Con la squadra Primavera ha vinto tutto: un campionato, una Supercoppa italiana, una Coppa Italia, un torneo di Viareggio. In azzurro è stato protagonista in ogni rappresentativa, dall’Under 16 all’Under 21 e aspetta la chiamata di Lippi. In prima squadra, alla Juve, l’ha fatto esordire Deschamps, in B, lui ha debuttato con un assist per un gol di Trezeguet. L’esordio in A è arrivato con l’Empoli, in prestito nell’ambito della fallimentare operazione Almiron. L’avventura alle Olimpiadi di Pechino non è arrivata fino in fondo, ma il mezzo siciliano Seba ha incantato mezzo mondo. Festeggia i gol aumentandosi la statura di un palmo esatto, con la mano, alla faccia dei profeti di sventura che scuotevano il capo di fronte alla sua statura. Quando gioca Giovinco lascia scintille di bellezza in campo e quella poesia che regalano sempre i piccoletti nel pallone. Di Maradona, Zola, Messi – tutti più alti di lui – rivede prodezze in dvd, ma quando i giornali lo paragonano a loro si ritrae.

La strada però è tracciata. Giovinco incarna un gioco che non è scienza né ragione, piuttosto estetica e istinto, Sebastian dipinge calcio. All’Olimpico può essere il pericolo maggiore per il Palermo, che lo voleva la scorsa estate nel “pacchetto” Amauri. Lui rifiutò il club di Zamparini per la voglia matta di tornare ad allenarsi a Vinovo con compagni che ammira come idoli. Certo che i colori rosanero lo esaltano, sembra avere quasi un conto in sospeso. Già ai tempi delle giovanili, nella Coppa Italia 2006/07, annichilì – assieme a Lanzafame – i baby del Palermo nella semifinale di ritorno: una punizione vincente e un gol su un pallonetto bello come un arcobaleno e voilà, il portiere rosanero Sirigu era ai confini della bestemmia… Il 30 settembre 2007, poi, si è regalato il primo gol in serie A. Ancora contro il Palermo, la seconda rete, quella decisiva, del 3-1 dell’Empoli sulla squadra di Colantuono: appena entrato Giovinco calciò al volo dal limite dell’area sorprendendo Agliardi. Bovo e Carrozzieri, o chi per loro all’occorrenza, non lo perdano mai di vista. Se la formichina scappa è capace di fare crollare il castello di Ballardini…

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04 Ottobre 2008, 11:49

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