“Ferrandelli pensa soltanto | al suo progetto personale”

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19 Ottobre 2011, 18:43

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Stamattina ho letto l’ampio articolo su Repubblica con le esternazioni di Fabrizio Ferrandelli. Sanno tutti dell’affetto sincero e profondo che io nutro nei confronti di Fabrizio, in lui rivedo tanto di me stesso alla sua età, oltre 22 anni fa, quando per la prima volta mi affacciai al mondo della politica incontrando, in una tarda sera di settembre del 1987, Leoluca Orlando, in quel momento il sindaco più famoso del mondo. Per la prima volta non si parlava di Palermo per la mafia ma per un sindaco, che sedeva nella stessa poltrona in cui era stato seduto Vito Ciancimino, che dichiarava guerra alla mafia e ai pezzi dello Stato e della politica collusi con essa. Nasceva una speranza nuova. Ed io volevo esserci, per dare un contributo al riscatto della mia citta e della mia terra di Sicilia. Ho lottato, ho rischiato, ho sbagliato, ho fatto cose giuste. Insomma, ho vissuto. Ho vissuto un’esperienza animato da passione e rabbia. Gli indignati non nascono adesso. Noi eravamo già indignati tra i boati delle auto-bomba e degli esplosivi per uccidere persone per bene e servitori dello Stato, tra le raffiche di mitra nelle guerre di mafia. Altro che indignati.

Eravamo furenti, furenti e addolorati, stanchi di partecipare a troppi funerali e di vedere mortificata la nostra dimensione di donne e uomini liberi. Ora, insieme a centinaia di migliaia di giovani, siamo indignati per come è organizzato il mondo, la finanza, l’economia, per come sono tutelati, poco e male, i diritti e i bisogni, per gridare che non puoi vivere oggi se non hai un minimo di speranza per domani. L’indignazione non ha età, e chi ha combattuto ieri non è il passato ma rappresenta il filo conduttore di un’idea della vita, della persona, del mondo che se spezzi, in ragione di un’ambzione personale, seppur legittima, procuri un danno per tutti. Quando affermi con le parole e con i fatti, valori eterni, giustizia sociale, libertà, legalità e solidarietà, non sei mai il passato, hai sempre un piede nel futuro . Ma Fabrizio pensa veramente che oggi potrebbe parlare come parla e operare come opera se non ci fosse stato a Palermo quella stagione? Leggendo le sue dichiarazioni ho capito tante cose. Ho capito che lui da tempo aveva deciso che la realtà esterna doveva ruotare intorno al suo progetto personale, di candidarsi a sindaco di questa città. E tutto da lui è stato pensato a tal fine, anche i partiti o le liste in cui è stato e in cui è, anche, ed è ciò che più mi fa pensare, le persone. Perchè non è possibile che improvvisamente il leader che ha sempre riconosciuto come tale, e a cui si ricollega idealmente, adesso non vale più niente – ma è sicuro che non valga più niente anche per tantissimi palermitani? – non è possibile che il partito in cui milita non era patriarcale quando è stato scelto come capogruppo ed ora è diventato improvvisamente patriarcale.

Anche Per Palermo E’ Ora, la straordinaria esperienza che ho aiutato a far nascere, insieme ad altri, era un tassello del suo progetto, voleva che da quel cartello venisse fuori l’indicazione del suo nome. Quando ha capito che così non sarebbe stato, ha cercato un’altra sponda, “Palermopiù”, che improvvidamente all’Imperia lo ha incoronato. Grandi responsabilità negli adulti che ispirano quel movimento, grande responsabilità sul destino prossimo di Fabrizio, un destino che prefigurava ampi scenari, se solo si credesse che l’umiltà, che non vuol dire assenza di ambizioni, e la fiducia, sono i due grandi motori della politica, anzi della vita. Fabrizio afferma che il suo partito è stato ingrato nei suoi confronti solo perchè non ha accettato come dato assoluto e indiscutibile il suo progetto personale, ma Fabrizio sa che senza IdV lui non avrebbe potuto mettere a frutto le sue innegabili qualità. Non ha accettato un confronto democratico all’interno del partito in cui milita, eppure parla di squadra, forse confondendo la squadra con coloro che gli vogliono bene, nel migliore dei casi, e con coloro che vorrebbero fare su di lui un investimento personale, nel peggiore.

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Accanto ha gli uni e gli altri. Avere qualità è una cosa, sapere suscitare entusiasmi, consensi, è una cosa, e tutti riconosciamo a Fabrizio tali capacità di coinvolgimento, essere eletto sindaco di una città difficile come Palermo, contando solo sul meccanismo dello scontro generazionale e sull’indicazione di alcuni movimenti, è un’altra cosa. Occorre ben altro, un ben altro che lui in queste ore, lo dico sommessamente, sta dimostrando di non possedere. Se lui pensa di provocare il partito fino alla sua espulsione, si sbaglia. Adesso deve restare fino a quando sarà lui – ormai ha deciso anche questo? – di andarsene, portandosi dietro qualche discepolo. E non uso il termine discepolo a vanvera. Colgo una sorta di furia messianica nelle parole di Fabrizio, ma Fabrizio non è, non può essere il messia a cui la città intera deve inchinarsi, non perchè è Fabrizio ma perchè nessuno se lo può permettere. Non se lo permettono nemmeno personaggi con storia e spessore culturale, morale e politico di grande rilievo, tra cui Orlando e la Borsellino. Adesso, a noi che siamo coloro che spicciano le faccende di casa, nel silenzio e con spirito di servizio, toccherà raccogliere i cocci. E’ sempre così, ti spendi per anni, poi arriva qualcuno che comincia a sgomitare e a scalciare e ti rompe ciò che avevi conquistato con sudore. Guardiamo avanti però, siamo un grande partito. Abbiamo dei doveri da assolvere nei confronti dei cittadini stanchi, arrabbiati e delusi, costruire le condizioni per un cambiamento vero a Palermo, in Sicilia.

Pippo Russo. Segretario provinciale di Palermo IdV

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19 Ottobre 2011, 18:43

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