Figli santi o delinquenti? | I genitori non c’entrano

di

03 Febbraio 2018, 12:29

3 min di lettura

Ogni volta che la cronaca nera ci racconta fatti che riguardano minorenni, arriva puntuale l’analisi di Paolo Crepet, il famoso psichiatra ospite di tutti i salotti televisivi che contano. Persona indubbiamente preparata e qualificata e la cui competenza non intendo mettere in dubbio. Il che, però, non mi impedisce di dire la mia sulla discreta propensione di Crepet ad individuare nei genitori di questi irresponsabili ragazzi, la causa prima delle loro malefatte. Colpevoli di non sapere educare e di avere abdicato dal loro ruolo.

Posizione largamente condivisa da molti genitori. Soprattutto da quelli che amano, in ragione dei virtuosi stili di vita dei loro figli, accreditarsi meriti che, a mio avviso, non hanno affatto, se non in minima parte.

Del resto, anch’io mi sono ritrovato ad assaporare il fatto che i miei due figli erano usciti dalla fase dell’adolescenza senza assurgere agli onori della cronaca nera e senza avere tenuto condotte di devianza sociale, e vi devo confessare che, in effetti, la tentazione di dirmi che ciò era indubbiamente dipeso dal fatto che avevano avuto “bravi genitori” è stata davvero forte.

In realtà, se oggi sono dei normalissimi cittadini che conoscono le regole della buona creanza e del vivere civile, è solo merito loro. E non intendo neppure piccarmi di essere stato ( ma solo in ipotesi, sia chiaro) un buon esempio.

Sarebbe un’analisi non convincente e, comunque, non troncante.

Magari mi sbaglierò, ma non necessariamente comportamenti o stili di vita “virtuosi” dei genitori vengono assorbiti dai figli.

Prendete me, per esempio.

Articoli Correlati

Mio padre era un sant’uomo, tutto casa chiesa e famiglia (non un vizio che fosse uno, maledizione!). Fatto sta che io guardavo con invidia i miei coetanei, i cui papà non disdegnavano frequenti puntatine nelle bettole per il classico “tocco”, o nelle sale biliardo del quartiere, a giocarsi buona parte dello stipendio a boccetta. Vai a capire cosa passa per la testa di un adolescente. A volte, se penso a ciò che facevo all’insaputa dei miei genitori, mi domando quale oscuro sortilegio abbia impedito che io diventassi un delinquente. Eppure i miei si sentivano più che rassicurati dal fatto che frequentassi l’Azione Cattolica e servissi persino Messa.

Insomma, per farvela breve, e senza alcuna pretesa di scientificità (cosa che lascio a Crepet e ai vari analisti, l’ultimo dei quali – me ne è sfuggito il cognome – l’altra mattina, a RadioUno, a commento del recentissimo caso dello studente che ha accoltellato la sua insegnante, chiosava…”i genitori hanno smesso di fare i genitori”) ed ad onta dei vari manuali sulle regole del perfetto educatore, ho la dannata sensazione che padri e madri c’entrino poco o nulla con le imprese delinquenziali dei loro figli. E c’entrino, ancora meno, con i loro meriti, tipo brillanti carriere scolastiche. I figli sono delle variabili che sfuggono al controllo genitoriale. Loro, i figli, e solo loro, sono i responsabili delle scelte che fanno, deviate o virtuose che siano. Chiamiamolo pure principio di responsabilità.

E’ giusto che i genitori ce la mettano tutta ad esercitare quello che è indubbiamente il mestiere più difficile del mondo, ma sono molti, tanti, troppi i fattori che interagiscono e, tra questi, e lo metto per primo, l’imprevedibile, capriccioso, lunatico“fattore C”. E poi c’è la scuola, ci sono gli amici, la strada, la rete, la TV, forse addirittura fattori genetici se è vero che molti fratelli/sorelle, pur essendo cresciuti in identici contesti familiari, hanno intrapreso strade del tutto diverse. Talvolta anche drammaticamente diverse.

E’ così che va coi figli. Li amiamo e ci amano, ma una volta messi al mondo, hanno i loro percorsi difficilmente prevedibili. Sono schegge, a volte impazzite.

Forse è per questo che in occasione della vicenda di Erika ed Omar (ve la ricordate? ma si, la sedicenne di Novi Ligure che uccise a coltellate la madre ed il fratello più piccolo, con la complicità del fidanzatino di 15 anni) io chiesi a mia moglie se non era il caso di chiudere a chiave la nostra camera, la notte.

No, non è vero.

Ma rende l’idea.

Pubblicato il

03 Febbraio 2018, 12:29

Condividi sui social