08 Ottobre 2011, 15:06
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Il terzo polo in Sicilia può essere il primo. E le amministrative di Palermo della prossima primavera sono l’occasione per dimostrarlo. Parola di Gianfranco Fini, che chiude il suo discorso alla kermesse di Futuro e libertà in un Teatro Politeama gremito e festante, proprio parlando del voto nel capoluogo.
“La vostra è una grande città che può davvero far comprendere che il vento è cambiato. Abbiamo la possibilità di dimostrare che con il terzo polo un altro tipo di governo è possibile, a partire dalle città”. Certo, a quel punto ci sarebbe stato bene veder salire sul palco Giulia Bongiorno, che da un pezzo i finiani sperano di convincere a candidarsi per il dopo-Cammarata. Ma l’avvocatessa più famosa d’Italia a Palermo stamattina non c’era. C’era in compenso una gran folla che ha accolto il presidente della Camera, dopo il suo incontro con gli imprenditori presso la sede di Confindustria Palermo. Lì, Fini ha preso atto del cahier de doleance della sicula impresa, lanciando qualche strale alla Lega e all’illusione della secessione (“è fuori dalla storia”), alla “politica del ghe pensi mi” che non è capace di guardare al futuro, ma anche al costo abnorme degli apparati “che sono prolificati in nome della politica. E la Sicilia in questo senso non può essere certo considerata un modello virtuoso”.
Spazio anche per un passaggio sul caso Romano, quando dal mondo confindustriale, guidato a Palermo da Alessandro Albanese, giunge il quesito circa l’opportunità di non candidare che ha avuto rinvii a giudizio per mafia: “Sono contrario a una legge, credo che sia una questione di opportunità politica. Penso al caso Romano. È innocente? Certamente sì, ma c’è un problema di opportunità politica nell’avere un ministro su cui grava questo peso”.
Al Politeama, l’intervento di Fini è preceduto da quelli di Carmelo Briguglio, che stoppa la sanatoria dell’Mpa, Fabio Granata, Nino Lo Presti e Alessandro Aricò. Il presidente della Camera ripercorre i passaggi che hanno portato alla nascita di Fli: “Non ce la sentivamo più di difendere l’indifendibile, di voltarci dall’altra parte per l’imbarazzo”. Bordate su Berlusconi e sulle leggi “fatte perché fanno comodo a qualcuno non alla collettività”: “Se il presidente del Consiglio amasse veramente l’Italia certamente farebbe un passo indietro e permetterebbe a un altro governo di insediarsi”. E ce n’è anche, ancora, per i leghisti, “che danno il meglio quando si vestono da unni a Pontida”. Risate e applausi dalla platea, che ospita anche diversi esponenti delle altre forze del terzo polo. Che Fini sogna primo nel dopo-Berlusconi.
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08 Ottobre 2011, 15:06