Fondazione Buttitta: | la poesia e il denaro

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18 Settembre 2009, 09:50

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“Lu cchiù gran rigulaturi di la vita è lu dinaru, tuttu conza senza amuri, comu codda di scarparu”.
Nella poesia “Amuri e dinaru” Ignazio Buttitta si scaglia contro il denaro perchè non produce amore, e “vive nel nostro sangue, trascinandoci in mezzo al fango”.
Eppure se non ci fossero i denari, ancora una volta della Regione, forse non basterebbe l’amore dei suoi discepoli per tenere in vita la Fondazione dedicata a questo grande poeta siciliano che con i suoi versi raccontò il riscatto civile al tempo delle lotte contadine contro mafia e potere.
E se la Fondazione sta in piedi con due sedi in pieno centro a Palermo, è proprio grazie al contributo di 360 mila euro stanziati dalla Regione. Somma gestita da un piccolo staff guidato con la carica di presidente da uno dei figli del poeta, Antonino Buttitta, Nino per gli amici, uno dei cattedratici di lungo corso dell’ateneo palermitano, sempre al centro del dibattito e della cultura meridionale.
Facciamo i conti e spulciamo le cifre del bilancio con l’aiuto di Rossella Valentino, segretaria del centro, pronta a spiegarne le finalità: “Questa fondazione è nata nell’Ottobre 2006, con l’obiettivo di sostenere la cultura, in particolare quella popolare, mediante convegni, seminari, mostre fotografiche, attività didattiche che riescano a coinvolgere cittadini di tutte le età”.
In tre anni sono stati organizzati cinque convegni, costati circa 35.000 euro ognuno.
In tempi di attacchi alla cultura “sovvenzionata”, stando anche alle recenti bacchettate del ministro Brunetta, in un momento così delicato di crisi, di tagli, di precari che chiedono aiuto a Stato e Regione, qualcuno potrebbe dire che sarebbe meglio stornare questi fondi ad altri settori, ad altre emergenze, dai senzatetto agli immigrati. La Valentino, nel suo abito nero e i capelli appuntati, rimane un attimo in silenzio, poi replica con fermezza:  “Io lo so che ci sono falle sociali, grossi problemi da risolvere, ma credo che conoscere il passato, scoprire com’è nata e cresciuta questa terra, imparare ad apprezzare la nostra cultura sia il trampolino di lancio per creare la propria identità. Non si può vivere senza questa consapevolezza. Ed è proprio il lavoro che ha svolto Ignazio Buttitta, ha smosso le coscienze di tutti”.
La sede amministrativa della fondazione sta in via Messina, nel centro di Palermo, mentre in via Pasculli si custodiscono le opere del poeta nato a Bagheria. Negli uffici a cinque minuti da via Libertà, si può usufruire di una piccola biblioteca che raccoglie saggi e poesie di autori famosi, ma anche vecchie tesi di laurea degli anni ’70, scritte da studiosi diventati docenti universitari.
“Nel corso di questi anni ci siamo impegnati a organizzare tutta una serie di attività per attirare l’attenzione non solo dei più anziani che hanno avuto la fortuna di conoscere personalmente Ignazio – continua Rossella Valentino -, ma soprattutto di quei giovani impegnati nel sociale, che hanno voglia di cambiare questa terra devastata, utilizzando lo strumento della cultura”.
In fondazione sono fieri di coinvolgere centinaia di palermitani a convegni sull’immigrazione, sulla letteratura, sulle donne. Ricordano di aver portato le fotografie di autori siciliani come Giuseppe Leone a New York o Chicago e tanti attori nelle scuole a recitare le poesie del grande Buttitta. Al di là di ogni giudizio, queste attività, stando a chi opera all’interno della fondazione, costituiscono proprio quella “codda di scarparu” che dovrebbe legare ogni uomo alla cultura del suo popolo.
Ma, pensando alla pioggia di 56 milioni di Mamma Regione su enti grandi e piccoli, resta aperto il dibattito su come riempire la mente degli uomini senza svuotare le tasche dei contribuenti.

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18 Settembre 2009, 09:50

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