20 Aprile 2021, 18:35
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CATANIA – Un risarcimento che non potrà mai restituire l’amore di un marito e di un padre. Una cifra che, al di là della somma in sé, serve a richiamare le responsabilità di chi, ed è il Tribunale a stabilirlo, ce l’ha e a ristorare, per quanto poco, pochissimo, i familiari di Francesco Scuderi. Arriva la sentenza della Terza sezione civile del tribunale di Catania con la quale la giudice Simona Lo Iacono condanna il Comune di Catania e il sindaco pro tempore, per la morte dell’allora presidente della Nuoto Catania, precipitato dai locali di areazione sul tetto della piscina Zurria il 3 dicembre del 2013.
Quella di Francesco Scuderi è stata una morte improvvisa, che ha sconvolto tutta la città. Conosciutissimo non solo in ambito sportivo, Scuderi era un personaggio noto e amato. È precipitato dal tetto dell’impianto sportivo del complesso Zurria, gestito dalla Nuoto Catania e che oggi porta il suo nome, in seguito a convenzione.
La sentenza di condanna ai danni del Comune di Catania è del 29 dicembre del 2020. Sette anni dopo quel tragico giugno in cui Scuderi, a soli 48 anni, ha perso la vita. La causa civile è stata intentata dalla vedova, Monica Passalacqua, nel 2018, per vedersi riconoscere i danni, patrimoniali e non. A lei e ai due figli, all’epoca dei fatti piccolissimi. Si contesta la responsabilità del Comune come proprietario dell’immobile, sebbene concesso in locazione.
Nella sentenza vengono ricostruiti i fatti. Anche la contestazione delle accuse da parte del Comune, secondo cui la morte di Scuderi sarebbe stata causata da imperizia. Non solo. Il Comune “In particolare – si legge nell’atto – deduceva che l’impianto sportivo, piscina di via Zurria, era nella completa disponibilità della società Nuoto Catania per effetto della convenzione conclusa con il Comune di Catania in data 30 dicembre 2011 e sottoscritta da Francesco Scuderi”. E comunque “che il fatto si era verificato per una imprudenza grave dello Scuderi”.
Una tesi che non viene supportata dalla giurisprudenza, stando alla sentenza della giudice. Secondo cui la responsabilità dell’ente sarebbe riconducibile, secondo gli articoli 2043, 2051 e 2053 del codice civile, al proprietario, per quanto riguarda gli elementi strutturali o gli elementi accessori in esso stabilmente incorporati. Nel caso specifico, gli impianti sul tetto.
“In sostanza – si legge ancora – la locazione non fa mai venire meno il dovere, ed il potere, del proprietario di controllare e conservare le strutture murarie e l’efficienza degli impianti, nonché la saldezza degli elementi accessori della costruzione”. Insomma, al Comune spettava provare che la tragedia fosse dovuta a un fattore casuale autonomo del tutto estraneo alla propria condotta. Secondo la sentenza, il Comune “non si può dire esente da responsabilità” – riporta ancora la giudice – poiché “non è riuscio a fornire la prova liberatoria richiesta”. Non ha dimostrato né la responsabilità di Francesco Scuderi, né che l’eccesso ai capolini fosse vietato, né che i capolini non fossero calpestabili. Anche l’aver dichiarato che vi fosse un lucchetto a impedire l’accesso ai locali sul tetto non è stato supportato da dimostrazione.
Il Comune insomma, non può andare esente da responsabilità; da qui la condanna. Per quanto riguarda il danno non materiale, Palazzo degli Elefanti è stato condannato a risarcire 333.427 euro alla vedova e 323.621 euro a ognuno dei due figli. Inoltre, è stato condannato a risarcire 437.087 euro come danno patrimoniale.
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20 Aprile 2021, 18:35