“Dammi il pieno, mio figlio parte” | Rap: tutte le intercettazioni

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15 Aprile 2015, 06:15

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PALERMO – “… ieri è entrato, è venuto, e si è contato la carta igienica, già se ne deve fregare due balle…”, diceva uno dei dipendenti infedeli della Rap arrestati ieri dalla polizia. Dal magazzino di via Ingham, a Brancaccio, spariva di tutto. Il gasolio finiva nelle officine meccaniche di parenti e amici degli indagati. Stessa cosa con la merce della società nata sulle ceneri dell’Amia.

Detersivi, bacinelle, tute, scope e sacchi riempivano gli scaffali di un negozio oppure venivano proposti al migliore offerente in una bancarella a Ballarò. Gli indagati coinvolti nel blitz degli agenti del commissariato Brancaccio avrebbero considerato l’azienda come cosa loro. In cinque sono finiti agli arresti domiciliari: Antonio Cardinale, Giovanni Di Franco, Francesco Mancuso e Salvatore Messina. Per quattro è scattato l’obbligo di presentazione alla polizia: Accursio Cacciabaudo, Rosario Giglietti, Maurizio Lanzarone e Girolamo Iacò (quest’ultimo è figlio di un dipendente Rap, pure lui indagato). Per tutti l’accusa è di furto e peculato. L’indagine, però, è molto più ampia. Nel registro degli indagati ci sono in tutto diciannove persone. Segno che il malcostume era piuttosto diffuso.

I riflettori investigativi si accesero nel luglio 2013 quando un Fiat Fiorino venne visto uscire dal deposito di Brancaccio trentacinque minuti dopo le sei del mattino. Aveva ancora la scritta Amia sulla fiancata. A velocità sostenuta raggiunse un parcheggio di camion allo Sperone. Scesero in quattro e scaricarono dei recipienti di gasolio. Tra di loro c’erano Antonio Cardinale e Giovanni Di Franco, da ieri costretti agli arresti in casa su richiesta del procuratore aggiunto Dino Petralia e del sostituto Piero Padova. Il primo era addetto alla distribuzione-magazzino; il secondo era responsabile della colonnina del carburante.

E così i poliziotti di Brancaccio avviarono i monitoraggi, scoprendo che i furti non riguardavano solo il gasolio ma anche merce e arnesi da lavoro che venivano scaricarti sempre negli stessi posti: il negozio di detersivi “Cardinale” di corso dei Mille nella disponibilità di Antonio Cardinale; nello scantinato, sempre in corso dei Mille, di Francesco Mancuso; nell’abitazione di Carmelo Iacò in via Messina Marine e nella bancarella del figlio Girolamo; nell’officina meccanica di Rosario Giglietti a Misilmeri e in quella di corso dei Mille nella disponibilità di Salvatore Messina.

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Il resto del desolante quadro investigativo lo hanno tracciato le intercettazioni telefoniche. “… io ieri sera, mi sono venuto a fare il giro e mi sono lasciato di dietro i bidoni già pronti – diceva Francesco Mancuso – così sono arrivato e quello mi ha detto, che già qua, ma no …”. In un’altra conversazione Cardinale se la prendeva con un personaggio non identificato: “… voleva un cartone di sacchi, quando gli servivano, e una confezione di carta igienica, io ci faccio, forse tu non l’hai capito, tu sei già nella merda, tu non conosci che potere ho io qua dentro, niente mi ha accusato a Iacò, ed Iacò gli ha detto, cambia strada, forse è meglio…”.

Sempre Mancuso faceva riferimento alla disponibilità di un certo quantitativo di benzina, appena portata via dall’impianto aziendale: “… oggi guardavo io, io guardavo, io per ora la benzina ce l’ho, perché con stu fatto che entrano le barche, la benzina ce l’ho, infatti ieri abbiamo entrato una barca e gli ho detto, dammi il pieno nella panda che più tardi alle sette, mio figlio parte …”. Ed ancora Cardinale criticava il comportamento di un collega che tra le bancarelle di Ballarò non faceva mistero della provenienza illecita della merce. Il dipendente Rap la considerava una grave imprudenza: “… ieri è entrato, è venuto, e si è contato la carta igienica, già se ne deve fregare due balle … io mi sono dimenticato di lasciargli il tesserino a lui … la devo fare una cosa là dentro, è pesante, troppo rischioso con lui che fa così, è rischioso, gli va a dire a quelli di Ballarò, io esco do qua, c’è il Cardinale che mi dà tutte cose …”.

Interessante anche la conversazione fra Carmelo Iacò e il figlio Girolamo che chiedeva al padre: “… mi puoi prendere delle cose? … se mi porti i sacchi, queste cose … ieri quello del Porticello, mi ha chiesto il Vim, gli stracci, queste cose …”. Le scorte, però, a giudicare dalle parole di Carmelo Iacò, erano finite. Bisognava chiedere all’azienda di acquistare nuova merce, altrimenti la bancarella nel mercato Ballarò sarebbe rimasta sfornita: “… Mimmo, ce n’è pochi, devo fare la richiesta, capito? ora ci chiamo e ci faccio fare una richiesta di integrazione di materiale per le pulizie …”.

Ecco l’elenco completo degli indagati: Giuseppe Assennato, Accursio Cacciabaudo, Antonio Cardinale, Giustino Ciglietti, Rosario Ciglietti, Giovanni Di Franco, Giuseppe Di Giovanni, Carmelo Iacò, Girolamo Iacò, Maurizio Lanzarone, Francesco Mancuso, Girolamo Messina, Salvatore Messina, Vittoriano Muscarello, Benedetto Musso, Salvatore Ragusa, Walter Rocca, Giuseppe Rosato e Maurizio Vella.

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15 Aprile 2015, 06:15

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