20 Dicembre 2014, 06:26
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PALERMO – Stavano lì. In attesa. Il gruppetto era giunto dall’Agrigentino. In commissione bilancio si sarebbe discusso di loro, dei problemi del loro Comune d’origine. In fila, nei corridoi di Palazzo dei Normanni, osservavano il viavai dei commessi, confidando in un cenno: “Tocca a voi”. Lì, li avrebbe accolti il capo della segreteria tecnica dell’assessore. Il loro punto di riferimento. Il loro passepartout per le stanze che contano. Dove si decide la vita e la morte delle cose pubbliche e private. Eccolo, il potere degli uffici di gabinetto è tutto in quell’attesa. Nella fiducia di sindaci, lavoratori, precari e commercianti, appesa alle parole, alle rassicurazioni del “più stretto collaboratore dell’assessore”.
I componenti degli uffici di gabinetto sono e sono sempre stati soprattutto questo. Il trait d’union tra le macro questioni dell’esecutivo e i dettagli della quotidianità. Se, per farla breve, l’assessore si occupa di gestire i problemi, al “gabinettista” tocca gestire il consenso. Filtrare il dissenso. Non è un caso che, nonostante i componenti degli uffici di staff formalmente sottoscrivano un contratto basato sul rapporto di fiducia con l’assessore di riferimento, il vero legame si instauri altrove. Il cordone del potere lega il gabinettista non tanto al componente del governo, quanto al politico che sta fuori o dentro i parlamenti. Quello che “possiede” il consenso. E che deve difenderlo, gestirlo, magari anche estenderlo.
La conferma di questa idea è stata offerta, in maniera quasi pacchiana, dal partito democratico. Nella formazione dei gabinetti del nuovo governo, quello di “alto profilo”, si è operato col Cencelli in mano. Anzi, con una versione di “Cencelli” rivista dalle moderne teorie del Sudoku. Un gabinettista per ogni deputato. Magari con una “correzione” fornita dalla geografia (non troppi catanesi, non troppi palermitani). Nei gabinetti del Crocetta ter, come era in fondo, anche in passato, il potere è algebra. È geometria.
Anche se a volte le somme più “terra terra” (non quelle alte della politica dal profilo alto, ovviamente) non fanno sorridere affatto. Quanto costano questi fedelissimi piazzati negli uffici di sottodentrogoverno? La risposta è rintracciabile persino sul sito ufficiale della Regione. Ed è disarmante. Solo nel terzo trimestre del 2014, infatti, il personale con “contratto a tempo determinato in servizio presso gli uffici di diretta collaborazione con gli organi di indirizzo politico” è costato la bellezza di 1,2 milioni di euro. Più della metà (666 mila euro) spesi per garantire a questi “fedelissimi” contratti da dirigenti. Una spesa, insomma, che in un anno sfiora i cinque milioni di euro. Somma utile a garantire buste paga da 90 mila euro lordi agli esterni con funzioni dirigenziali, da 50 mila euro lordi per la categoria dei funzionari e da circa 35 mila euro per gli istruttori. Per intenderci, se al posto di amici pescati fuori dalla Regione si facesse ricorso a dipendenti “di ruolo”, si risparmierebbero almeno 60 mila euro per ogni gabinettista-dirigente, e trentamila euro per ogni funzionario.
Tutti suddivisi tra uffici diversi. Quelli di “gabinetto” veri e propri dovrebbero rappresentare una estensione della dimensione politica dell’assessore di riferimento. La segreteria particolare dovrebbe assumersi il compito di gestire invece i rapporti con l’esterno, l’agenda, gli appuntamenti. La segreteria tecnica dovrebbe supportare l’amministratore nell’attività legislativa, nel passaggio dal progetto politico all’esecuzione.
In Sicilia intanto, negli stessi mesi in cui si piange miseria e si toglie qualcosa a tutti, le spese per gli uffici di gabinetto crescono: di oltre 300 mila euro tra il secondo e il terzo trimestre dell’anno. Del resto, quegli uffici finiscono per svolgere spesso funzioni utili alla macchina del potere. A non perdere per strada, insomma, pezzi di ingranaggio che in un modo o nell’altro possono sempre tornare utili per annaffiare le zolle del consenso.
Gli uffici di gabinetto, così, finiscono per rappresentare anche i luoghi del “riciclaggio” della politica. O vivai dai quali attingere – ecco uno dei poteri magici del ‘gabinetto’ – per estendere la propria libertà di movimento. E di questa duplice funzione, l’era Crocetta ha fornito esempi persino plateali. La scelta di sostituitre un assessore-simbolo della rivoluzione della prima ora come Antonio Zichichi con la propria segretaria particolare Michela Stancheris doveva apparire già come una sorta di “disvelamento”. L’anticipazione di ciò che avremmo visto nei mesi a seguire. Con componenti dei gabinetti – cioè uomini di fiducia del presidente della Regione – piazzati ovunque: dalla Seus ai teatri, dalle società partecipate alle Province.
Ma il gabinetto è servito, come detto, anche per l’operazione contraria. Come fosse la rete utile a salvare uno scoordinato trapezista, incapace di finire felicemente il proprio numero: fu così per Mariella Lo Bello, estromessa con la formazione della giunta dei camerieri e ripescata mesi dopo nella giunta dell’alto profilo, e fu così per la “Giovanna D’Arco” (così la battezzarono alcuni supporters) alla Formazione: Nelli Scilabra venne “bruciata” sull’altare delle faide interne del Partito democratico. Ma per lei, ecco pronto il ruolo che fu, non a caso, di Stancheris e Lo Bello: tra assessore e segretaria, tra governo e gabinetto evidentemente non c’è molta differenza.
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20 Dicembre 2014, 06:26