24 Novembre 2017, 14:04
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PALERMO – Nello Musumeci lo aveva detto apertamente, tre giorni dopo la sua elezione: “Se nella fase di composizione delle liste qualcuno non ha seguito i miei reiterati inviti alla prudenza, tutte le scelte che dipenderanno da me, invece, saranno improntate a questo criterio, a cominciare dalla formazione della giunta”. Un principio che il nuovo governatore, in queste ore, starebbe seguendo alla lettera. Con una attenzione estrema: ogni ombra su potenziali assessori è stata vista come un motivo sufficiente per allontanare quel nome dalla giunta che verrà. E la cronaca recentissima, oltre a quella recente, ha fornito al presidente argomenti in abbondanza.
L’ultimo ovviamente è quello che riguarda l’inchiesta su riciclaggio ed evasione che ha investito la famiglia Genovese. In realtà, il giovane Luigi non è mai entrato nel “toto-nomine”. Non per questo l’influenza del padre Francantonio, aggiunta agli oltre 18 mila voti portati in dote al centrodestra, non è stata avvertita. Genovese, insomma, avrebbe rivendicato un assessore “in quota”, forte anche del risultato complessivo ottenuto da Musumeci nel collegio di Messina: oltre il 50 per cento dei voti. Il nome emerso nelle ultime ore era quello di Giuseppe Rao, un tecnico vicino all’ex segretario regionale del Pd e parlamentare nazionale di Forza Italia. Ma l’ultima inchiesta, probabilmente, ha spazzato via i dubbi, lanciando in giunta Bernadette Grasso, quasi certamente agli Enti locali.
Anche perché, nel frattempo, un’altra vicenda ha impedito a Musumeci di pescare a Messina forse il suo nome preferito: l’ex assessore Santi Formica, nella legislatura appena conclusa, con la sua scelta di restare nel gruppo della “Lista Musumeci” piuttosto che in quello di Forza Italia, è stato decisivo per il mantenimento in vita del gruppo riconducibile direttamente al nuovo governatore: un fatto per nulla marginale e molto apprezzato dal presidente della Regione. Ma le vicende di Formica, si sono incrociate nel recente passato con quelle di Patrizia Monterosso, il Segretario generale che Musumeci, fin dai primi giorni della campagna elettorale aveva promesso di sostituire. Anche a causa di quella condanna della Corte dei conti per i cosiddetta “extrabudget” nella formazione professionale che ha riguardato, sebbene per cifre più modeste, anche Formica.
E la formazione professionale, in un modo o nell’altro, c’entra sempre. L’inchiesta che riguarda l’Isfordd, ente guidato fino a pochi mesi fa da Tony Rizzotto, primo “leghista alla siciliana” a entrare all’Ars, ha probabilmente raffreddato il nome del palermitano in vista della composizione della giunta. In realtà, sempre nella lista Fratelli d’Italia-Noi con Salvini, un altro dei nomi più quotati è stato “zavorrato” da un’altra vicenda giudiziaria: quella sui presunti “rimborsi indebiti” che sarebbero toccati a Manlio Messina, consigliere comunale a Catania proprio col partito di Giorgia Meloni. E così, in questo caso via libera a un “presentabilissimo” come Sandro Pappalardo, che ha come “requisito” anche quello di portare la divisa di colonnello.
“Non sono un appestato”, ha rivendicato invece pochi giorni fa Cateno De Luca, finito ai domiciliari con l’accusa di una mega evasione fiscale. Ma gli ultimi guai del deputato regionale Udc avrebbero spinto Musumeci ancora una volta a seguire la strada della prudenza, dando il proprio via libera invece a Margherita La Rocca Ruvolo e a Mimmo Turano. I due, avrebbero “bruciato” Ester Bonafede, nome preferito dal leader nazionale Lorenzo Cesa. E anche qui, ha pesato una indagine ancora in corso, quella sugli appalti Anas nata a Firenze. “Bonafede non ha avuto alcun rapporto con l’Anas fiorentina” replicò in quei giorni il suo legale Nino Caleca. Ma quelle ombre non sono svanite e si aggiungono alla recente esperienza di Bonafede nel governo di Rosario Crocetta. Una parentesi che mal si concilierebbe col reiterato richiamo di Musumeci alla “discontinuità”.
Discontinuità che potrebbe arrivare anche grazie alla presenza in giunta di chi, finora, politica in senso stretto non ne ha fatta. È il “tecnico” proposto da Gianfranco Micciché al governatore: il docente universitario Paolo Inglese, infatti, avrebbe sorpassato tutti in vista della nomina di assessore all’Agricoltura. Un nome che, per primo, è stato indicato, insieme ad altri, in un dialogo su Live Sicilia tra il direttore Giuseppe Sottile e lo scrittore Pietrangelo Buttafuco. Un invito a “rinnovare” la classe dirigente che sarebbe stato accolto appunto, in questo caso, dal commissario di Forza Italia. Nei giorni precedenti, del resto, un’altra vicenda giudiziaria ostacolava la corsa verso quello stesso assessorato di Riccardo Savona: l’accusa, respinta nettamente dal deputato regionale che ha parlato di “montatura”, è quella di truffa relativa a compravendite immobiliari.
Qualche problema, invece, salta fuori anche da Agrigento, dove Forza Italia avrebbe lanciato Vincenzo Giambrone. I dubbi, in questo caso, non sono tanto legati all’ex deputato regionale, quanto a una vicenda che coinvolge la compagna già collaboratrice del politico: Luisa Maniscalchi nel 2008 era finita sotto inchiesta per avere rivelato notizie riservate su indagini in corso al boss Giuseppe Sardino, fiancheggiatore del capomafia latitante Giuseppe Falsone, poi divenuto collaboratore di giustizia. La Maniscalchi patteggiò la pena a un anno e mezzo per favoreggiamento personale. Nessuna aggravante di mafia dunque. E nessun legame tra questa inchiesta e Giambrone. Ma il richiamo alla prudenza estrema, stando a quanto filtra dall’entourage di Musumeci, avrebbe raffreddato anche questa pista. Una corsa a eliminazione, verso i dodici posti del governo regionale.
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24 Novembre 2017, 14:04