Giuseppe morto dopo l’allenamento| “Da sei anni chiediamo la verità”

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13 Dicembre 2019, 16:11

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PALERMO – “Ciao vita mia”. E’ con queste parole che inizia un altro 13 dicembre per la famiglia Lena. Per il padre, la madre e il fratello, è il sesto anno senza Giuseppe e senza verità. Cercano giustizia, vogliono sapere cosa è successo quella sera del 10 dicembre nella palestra di via Stazzone, nella zona di via Oreto a Palermo, quando il ragazzo, che all’epoca aveva soltanto vent’anni, fu trasportato in condizioni gravissime in ospedale. Morì tre giorni dopo.

Arrivò al pronto soccorso in seguito a ciò che i presenti all’allenamento avevano descritto come una caduta fatale provocata da un malore. Ma sin da subito, i dubbi furono tantissimi. L’esame autoptico, che fu eseguito dal professore Paolo Procaccianti al Policlinico, evidenziò un forte trauma cranico. Sulla cartella clinica fu scritto “danno ipossico-ischemico emorragico causato da un corpo contundente”, Giuseppe sarebbe dunque stato colpito, ma la verità sembra ancora lontana. “Lottiamo, lottiamo ancora – dice il papà Francesco – nonostante siano trascorsi ormai sei anni, noi non perdiamo le speranze. Tra pochi giorni ci sarà un’altra udienza del processo, il nostro unico obiettivo è dare voce e giustizia a nostro figlio, glielo dobbiamo”.

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Gli imputati, accusati di omicidio colposo sono tre: Giuseppe Chiarello, 40 anni, Roberto Lanza, 27 anni – entrambi si stavano allenando con Giuseppe, quella sera – e Giuseppe Di Paola, il proprietario della palestra che non sarebbe stato in possesso delle autorizzazioni che permettono la pratica della disciplina Mma. Nel frattempo, a Giuseppe i genitori hanno dedicato una onlus e sono state tantissime, in questi anni, le iniziative per ricordare il ragazzo anche a Cammarata, il paese in provincia di Agrigento in cui era nato e che aveva lasciato per studiare a Palermo. 

L’associazione di volontariato che porta il nome di Giuseppe – spiega il padre –  ha esclusivamente scopi sociali ed offre servizi a favore di persone svantaggiate. Si muove nel mondo culturale, educativo, formativo, e più in generale, della solidarietà. Focus dell’associazione, infatti, è promuovere la legalità, la donazione degli organi e il contrasto al bullismo”. Tutti obiettivi all’insegna della generosità, la stessa che nella vita di Giuseppe Lena era protagonista. Basti pensare che dopo la sua morte, grazie alla donazione dei suoi organi furono salvate cinque persone che attendevano da tempo un trapianto. Alcuni anni prima della tragedia, il ragazzo si mostrò infatti favorevole alla donazione. “Giuseppe sapeva bene cosa è la generosità – prosegue il padre -. Ogni aspetto della sua esistenza era legato a  sani principi, che cerchiamo di portare avanti proprio tramite l’associazione, un ulteriore modo per dare voce a Giuseppe e ricordare il suo sorriso”. 

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13 Dicembre 2019, 16:11

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