09 Dicembre 2017, 17:02
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PALERMO – Il verde e il nero. Tutto in uno. Nella storia politica di Fabio Granata, ex assessore, ex vicepresidente della Regione, oggi grande suggeritore sotto il palco del governo Musumeci c’è l’ambientalismo e il Movimento sociale, il berlusconismo e l’anti-berlusconismo, Cuffaro e l’antimafia. E un ruolo da eminenza grigia – per restare in tema di cromìe – sul nuovo esecutivo regionale.
L’affare del Castello
Stando a un post pubblicato una settimana fa sul profilo Facebook del politico siracusano, infatti, sarebbe stato proprio Granata a “proporre” a Vittorio Sgarbi il primo atto da neo-assessore ai Beni culturali: l’acquisto del castello di Schisò, un edificio del XIII secolo che si affaccia sulla baia di Giardini Naxos. “Ho segnalato a Vittorio Sgarbi – scrive – la straordinaria opportunità di determinare l’acquisizione al Patrimonio della Regione e del Parco Archeologico del prestigioso Castello di Schiso’,conosciuto come Palazzo Paladino per meno di due milioni e mezzo di euro e attraverso i fondi del Parco accumulati grazie alla sua autonomia. Ho già contattato Vittorio Sgarbi – ha aggiunto – che si è detto entusiasta di questa straordinaria opportunità e ha dato mandato agli uffici di procedere. Si inizia bene”. Granata, insomma, che assessore ai Beni culturali lo era già stato, con Vincenzo Leanza e Totò Cuffaro, sarebbe sempre lì, a stretto contatto col palazzo del potere.
Rigenerazione e Rinascimento
Proprio ora, ad esempio, ha lanciato a Siracusa un nuovo “manifesto”. Che non si discosta molto, almeno dal punto di vista “semantico” dal movimento di Sgarbi che il critico d’arte ha chiamato “Rinascimento”. Per Granata si deve parlare invece di “rigenerazione”: “Nasce a Siracusa – l’annuncio – “Articolo 9. Siciliani per Cultura”. I promotori del Manifesto di Diventerà Bellissima sulla rigenerazione della Sicilia si costituiscono in un soggetto associativo autorevole e partecipato che sarà garante di un programma culturale, sociale ed economico di radicale discontinuità con il passato. Alla Sicilia – prosegue l’annuncio – serve una nuova visione fondata sulla consapevolezza e su un Modello che metta al centro la rinascita culturale, il turismo, l’agricoltura,la difesa dei beni comuni, l’ambiente e l’innovazione. Che sia capace di “riguardo” verso la nostra Isola,nel duplice senso di averne cura e guardarla con nuovi occhi. Che parli ai nuovi settori produttivi e creativi e che contribuisca a costruire un percorso di rigenerazione urbana e sociale,di bonifica ambientale e di ripristino della Bellezza”. Obiettivi che necessiterebbero però di una svolta: “Per guidare tale dinamica – si legge sempre nel lancio del manifesto – si avverte il bisogno di una Comunità di uomini e donne che sia garante di idee nuove e sovrane. E che sopratutto renda chiaro a tutti che non sono più proponibili linguaggi, metodi e mentalità del passato. Alla Sicilia serve una svolta profonda e coerente. Vogliamo dare un esempio concreto di “cultura militante”e di idee che diventano azione…”. E perché le idee diventino azione, magari, è utile e necessario quel rapporto diretto col governo regionale ammesso dallo stesso Granata a proposito del Castello di Schisò. Insomma, un filo diretto tra “rigenerazione” e Rinascimento.
Il passato
Nel manifesto promosso da Granata si afferma quindi la necessità di abbandonare “linguaggi e metodi del passato”. Un passato che Granata conosce bene, visto che ha iniziato a fare politica molto presto. A vent’anni, nella sua Siracusa è già un consigliere comunale del Movimento sociale italiano, pochi anni dopo, anche vice segretario nazionale del Fronte della gioventù che faceva riferimento a Pino Rauti. La destra destra, insomma, fino all’approdo in Alleanza nazionale, già a metà degli anni novanta quando entrerà anche in Assemblea regionale siciliana. Lì contribuirà al “controribaltone” che porterà alla caduta del governo di Angelo Capodicasa e all’arrivo sulla poltrona più alta di Palazzo d’Orleans di Vincenzo Leanza di cui sarà il vice.
Col nuovo secolo è di nuovo assessore, con Totò Cuffaro, prima (e di nuovo) ai Beni culturali, poi al Turismo. A quell’esperienza si deve un guaio contabile. Granata, insieme ad altri 16 ex assessori delle giunte del governatore di Raffadali, è stato infatti condannato a un risarcimento di circa 30 mila euro (la contestazione iniziale era di circa mezzo milione), per le assunzioni alla Seus-118. Nel frattempo, Granata era tornato nella sua città d’origine, come vicesindaco di Siracusa, prima dell’ingresso nel parlamento nazionale.
Lì arriverà grazie alle liste del Pdl, da dove però Granata uscirà dopo la decisione, di fatto, di espellere lui insieme ai colleghi Italo Bocchino e Carmelo Briguglio. Era quello uno degli effetti dello strappo tra Berlusconi e Gianfranco Fini, dopo il “che fai, mi cacci?”. Da lì nasce Futuro e Libertà per l’Italia, che in Sicilia nel frattempo decide di sostenere il governo di Raffaele Lombardo, che aveva compiuto il “ribaltone”, alleandosi col Partito democratico e i centristi e mettendo all’opposizione il Pdl e pezzi di centrodestra con cui era stato eletto.
Quel centrodestra, però, dello stesso Cuffaro già indagato quando Granata era un suo assessore e dello stesso Berlusconi col quale An decise di fondersi per creare il Pdl, a un certo punto apparve anche anche a Granata come il male assoluto. E la distanza divenne presto incolmabile. Una divisione sintetizzabile in occasione di un suo intervento nel corso di una commemorazione dell’omicidio di Paolo Borsellino: “Siamo in via D’Amelio con Fini e la nostra comunità militante – disse – non per un comizio ma per rinnovare un giuramento e l’impegno solenne per la costruzione di una forza politica legalitaria e radicalmente antimafiosa, distante anni luce dal berlusconismo e dai suoi maggiordomi”. A dire il vero, in quegli anni Fli, con tanto di assessori in giunta, avrebbe continuato a sostenere il governatore Lombardo, già indagato per mafia. Accuse cadute solo recentemente.
E adesso, quel berlusconismo tanto odiato non è poi così lontano. Dopo la creazione del movimento “Green” che rilanciava i temi che gli erano stati cari già da dirigente di Legambiente, e che non sfocerà in un progetto politico vincente, nel 2015 ecco l’avvicinamento a #DiventeràBellissima, il movimento di Nello Musumeci, adesso governatore. E al quale, nei giorni delle trattative per la sua candidatura in rappresentanza del centrodestra siciliano, è stata esplicitamente chiesta da Niccolò Ghedini, come condizione per il mantenimento in vita dell’alleanza, la rassicurazione che nessuno tra quelli che il Cavaliere considera dei “traditori” sarebbero rientrati in gioco, con un ruolo nel governo. Quei finiani di Sicilia cioè che furono con Cuffaro e contro Cuffaro. Con Berlusconi e contro Berlusconi. Con la destra, ma alleati col centrosinistra. E che adesso sembra possano giocare il ruolo di suggeritori del nuovo governo regionale.
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09 Dicembre 2017, 17:02