I vertici del clan Cappello: alla sbarra il boss, assassino di gatti - LiveSicilia

I nuovi vertici dei Cappello: alla sbarra il boss, assassino di gatti

Oggi è un'udienza cruciale del processo scaturito dall'Inchiesta Minecraft
MAFIA CATANIA
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CATANIA – È trascorso più di un anno dai fermi della polizia che spedirono i vertici della cupola dei Cappello in gattabuia. L’operazione Minecraft permise di destabilizzare l’attualissimo assetto organizzativo della cosca, divisa tra il fratello del padrino Massimiliano Cappello e il pericoloso giovane boss Salvuccio Lombardo jr. Le intercettazioni mostravano una tale propensione alla violenza e al ricorso alle armi che la situazione era a un passo dall’esplodere. Il rischio di nuovi morti, dopo quelli accaduti l’8 ottobre 2020 durante il conflitto a fuoco al viale Grimaldi, sembrava davvero incombente. Anche perché da lì a poco sarebbe scattato il blitz Centauri proprio sul duplice omicidio di Librino. E tra gli indagati c’erano i due ‘capi’ del clan Cappello, che avrebbero partecipato di persona alla guerra armata.

Un momento cruciale del processo abbreviato Minecraft è oggi. La pm Antonella Barrera affronterà, nel corso dell’udienza preliminare, la requisitoria dove analizzerà punto per punto l’indagine della Squadra Mobile di Catania. Un’inchiesta che si compone di intercettazioni, video, verbali di pentiti. Dalla mafia, alla droga passando per le armi. Quasi tutti gli imputati – in totale quindici – hanno optato per il rito alternativo.

Dallo studio anche dei telefonini è stato possibile poter delineare il profilo criminale di Salvuccio junior Lombardo, figlio di Salvatore ‘u ciuraru e cugino del padrino al 41bis Turi Cappello. Il giovane boss non ci stava tanto a pensare. Quando serviva usava la pistola. Un dissidio con un clan rivale. Un gatto che lo infastidiva. Ogni ‘scusa’ era buona per sparare. Un’indole violenta che è emersa in modo plateale da alcuni video scambiati con alcuni compagni di clan tramite internet. In un filmato il boss è armato di fucile mentre un povero felino, che ha miagolato un po’ troppo è steso, morto, sulla strada sotto il balcone di Lombardo.

Kalasknikov, mitra, pistole automatiche ma anche giubbotti antiproiettile: il colonnello del clan Cappello avrebbe avuto a disposizione un arsenale potentissimo che, come lui stesso ha affermato, sarebbe stato utilizzato in occasione di scontri con altre cosche criminali. “Con tre di questi messi in moto… sai che succede? Altro che non è vero … calavano di…inc…appena un colpo che doveva succedere qualche cosa… (…) Li ammazzavo a tutti!”,

Seby Cavallaro, Giuseppe Distefano e Mario u rumeno (il nomignolo di Saru Costel) avrebbero avuto la mansione di ‘custodire’ le armi. Armi che sarebbero state ‘nascoste”, fino a fine novembre 2020, a casa del ‘sodale’ straniero. La pioggia autunnale ha rischiato però di danneggiare mitra e pistole. Gli investigatori hanno seguito in diretta la pianificazione dello spostamento delle armi e anche la relativa pulizia. Le telecamere in via Acero – nei pressi dell’abitazione di Costel – e le intercettazioni telefoniche hanno permesso ai poliziotti della Squadra Mobile di avere un quadro completo di come il clan si stesse muovendo.

I poliziotti hanno monitorato Lombardo jr e i suoi picciotti, ma parallelamente anche i criminali hanno provato a controllare i movimenti delle forze dell’ordine piazzando una telecamera nella rotonda con l’aeroplano a San Giuseppe La Rena in modo da avvistare possibili incursioni verso i villaggi a Mare dove Salvuccio Jr Lombardo e molti “carusi” vivono. Addirittura i poliziotti hanno potuto visionare un filmato da un cellulare sequestrato dove si capisce perfettamente che i Cappello avrebbero tentato anche di piazzare un occhio elettronico in via Ventimiglia dove ci sono gli uffici della Squadra Mobile.

Pericoloso e violento il boss, assassino di gatti. Dall’ascolto delle microspie, gli investigatori hanno scoperto che Lombardo jr durante una “discussione con sedici persone” avrebbe “iniziato a sparare “O Passareddu”. Siamo in via Poulet, nel cuore di San Cristoforo. Nella roccaforte dei fratelli Bonaccorsi, conosciuti nella malavita come i Carateddi, anche loro decapitati dalla Squadra Mobile di Catania la scorsa estate.

Oggi il processo va al giro di boa. Ma ora, fuori dal tribunale, la domanda è: chi ha preso il posto del boss ‘con la fissazione’ per i kalashnikov? Gli inquirenti hanno le bocche cucite, ma ci sono indizi che fanno comprendere come la Dda ancora una volta abbia pieno controllo delle dinamiche della mafia militare.


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