I pm a Provenzano: "Dica la verità" | Binnu: "Non mi piace fare del male" - Live Sicilia

I pm a Provenzano: “Dica la verità” | Binnu: “Non mi piace fare del male”

Il colloquio tra i magistrati e l'ex numero uno di Cosa nostra avvenne lo scorso 31 maggio in una saletta del supercarcere di Parma, dove il boss corleonese si trova recluso.

Il tentativo di Ingroia e De Francisci
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PALERMO – “Fare male non m’è mai piaciuto e non mi piace”. Parola di Bernardo Provenzano, esortato a pentirsi da Antonio Ingroia e Ignazio De Francisci il 31 maggio scorso nel loro ruolo di procuratori aggiunti, oggi trasferiti ad altri incarichi. Il colloquio si tenne in una saletta del supercarcere di Parma, dove il boss corleonese si trova recluso. “Ha l’unica occasione di ristabilire in parte la verità sul suo nome”, tentarono di convincerlo i magistrati. Un’ora di faccia a faccia concluso con la trascrizione di frasi lasciate a metà o di difficile interpretazione. “Per dire io la verità – dice il boss – avissi a parrari male di cristiani, scusatemi”.

Il capomafia, arrestato nel 2006 dopo 43 anni di latitanza, fu ascoltato come testimone nell’ambito di un procedimento, come riporta il Corriere della Sera, catalogato come relativo a “notizie non costituenti reato”. Il legale del boss, Rosalba Di Gregorio, che non era presente all’interrogatorio e che in diverse occasioni si è lamentata per il trattamento riservato al suo assistito, dopo avere ottenuto il verbale l’ha depositato al giudice dell’udienza preliminare nel processo sulla trattativa su Stato e mafia in cui Provenzano è imputato. Una settimana prima dell’interrogatorio con i magistrati, Provenzano aveva incontrato in carcere i parlamentari Peppe Lumia e Sonia Alfano. E a loro aveva detto: “I miei due figli non devono andare al macello, fatemi parlare con loro e poi sarà la volontà di Dio”. Nel verbale con i magistrati afferma fra l’altro in dialetto: “Ci sono cose che… portano tutto questo male che vede”.

Poi osserva: “Noi dobbiamo parlare bene se non abbiamo ricordi”. Il boss ammette il viaggio in Francia in automobile per sottoporsi a un’operazione alla prostata ma non rammenta i particolari del suo arresto. Dice di non ricordare nemmeno se furono i poliziotti o i carabinieri a catturarlo: “Pi mia a stessa cosa sunnu”. “E Vito Ciancimino lo conosceva”, gli viene chiesto. “Lo conoscevo perché era paesano mio, u sapi è inutili che ci dico”, ribatte il boss. Alla fine i magistrati gli domandano “ma se fosse fuori dal carcere parlerebbe?”. Pronta la risposta: “Non lo so, se u sapissi u dicissi”.


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