14 Gennaio 2021, 20:06
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PALERMO- La Sicilia del profondo rosso Covid, come abbiamo scritto stamattina, si appresta ad assumere la colorazione formale che rappresenta il momento critico della pandemia. I numeri sono sconfortanti, di bollettino in bollettino. Oggi, il tasso di positività si attesta intorno al 17 per cento. Paghiamo, anche questo abbiamo scritto, lo sbracamento delle feste e la confusione di finestre chiuse, ma con troppi spifferi.
Il presidente Musumeci, questo pomeriggio, è stato esplicito: “Alla luce dell’aumento dei contagi, che è ulteriormente progredito rispetto alla scorsa settimana, abbiamo sottoposto al governo centrale la proposta di dichiarare per due settimane la ‘zona rossa’ in Sicilia. L’istanza sarà valutata nella cabina di regia convocata per domani a Roma e, ove la nostra richiesta non dovesse essere accolta, prudenzialmente domani stesso procederò con mia ordinanza ad applicare le limitazioni previste per le ‘zone rosse’ in tutte le aree regionali a maggiore incidenza di contagio, come peraltro richiesto da numerosi sindaci. Dobbiamo evitare che rimandare misure inevitabili ci costringa a restare chiusi quando il resto d’Italia riaprirà. Confidiamo nei ristori più volte sollecitati assieme ad altri presidenti di Regione al governo centrale e, soprattutto, nel comportamento rispettoso da parte dei cittadini. Una minoranza non deve condizionare la vita sociale ed economica della nostra comunità”. La linea è chiara: non c’è più tempo da perdere. Ma, se non arriveranno i soldi di Roma, alla tragedia sanitaria si sovrapporrà quella economica, più di quanto non sia già accaduto.
Anche Antonello Giarratano, professore, componente del Comitato tecnico scientifico regionale per l’emergenza Covid, è esplicito: “I numeri sono talmente eclatanti che, se si vuole avere un risultato, è necessaria la zona rossa, che non è comunque il lockdown di marzo. In alternativa abbiamo suggerito una azione più forte in termini di orari concentrata sui centri abitati e le aree metropolitane più numerose dove dilaga il contagio. Poi, ai fini della necessità del rosso, dobbiamo fare un ragionamento sui posti letto che è a carattere nazionale, non soltanto siciliano. Il ministero ha fissato, per il Covid, il trenta per cento di posti letto occupati nelle terapie intensive come unità di misura. Superata questa percentuale, la situazione è critica e c’è il rischio che il sistema non regga. Per noi, sia a livello Società Scientifiche, sia del Cts, il parametro è stato superato nella sostanza. Chiarisco il punto perché è dirimente. Il posto letto di terapia intensiva deve avere struttura, tecnologia e personale altamente specializzato. Se non ci sono questi tre requisiti, non può essere considerato tale. Ecco perché le disponibilità sulla carta non sono quelle reali, se si considerano solo strutture e ventilatori. Aggiungo un altro aspetto: noi possiamo pure trovare mille ventilatori e mille anestesisti per il Covid togliendoli da tutte le sale operatorie. Ma questo vorrebbe dire sacrificare il resto e rischiare di chiudere la sanità. Ripeto: stasera lei mi chiede e parliamo della Sicilia, ma il problema è nazionale”.
“Se in estate avessimo usato il patentino sanitario per i viaggi tra le regioni, saremmo riusciti a contenere l’ondata autunnale. Anche adesso, e mi riferisco al sistema della colorazione, i cambiamenti devono essere fatti dopo tre o quattro settimane, altrimenti non ha senso. Non ha davvero senso dare un colore diverso dopo qualche giorno. Se avessimo introdotto, in primavera, l’obbligo di legge della mascherina avremmo limitato i danni. Si impari piuttosto dagli errori e lo dico senza polemica e si raddrizzi la barra finché ancora c’è tempo per farlo. La Sicilia ha compiuto un encomiabile sforzo di contrasto al virus. Ma non c’è rimedio possibile, se non c’è pure una comune assunzione di responsabilità”. Queste le parole, rilasciate ieri a LiveSicilia, dal professore Cristoforo Pomara, direttore del dipartimento di Medicina legale del Policlinico di Catania, anche lui componente del Comitato tecnico scientifico. Adesso bisogna correre ai ripari. Correre, appunto.
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14 Gennaio 2021, 20:06