Il fascino di forestieri e sceriffi |e il senso di colpa della politica

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14 Gennaio 2018, 06:00

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PALERMO – Ci risiamo. Ancora una volta per l’assessorato all’Energia, dopo la breve e pirotecnica parentesi di Vincenzo Figuccia, la politica guarda altrove, lontano. Fuori dai confini della politica stessa e della Sicilia. Il nome in attesa dell’investitura di Nello Musumeci è quello del veneto Alberto Pierobon, con trascorsi nella pubblica amministrazione anche nel ramo dei rifiuti. Un altro papa straniero, l’ennesimo. Il fascino di “forestieri” e “sceriffi” è stato irresistibile negli ultimi anni per i siculi palazzi del potere. Più che mai per quella scomodissima poltrona, traballante su una montagna maleodorante di munnizza e altro lerciume. Una patata bollente per la quale da anni si scomodano magistrati, prefetti,sedicenti campioni della legalità, bypassando la politica. Quasi che si partisse da un inconfessato senso di colpa, da un tacito complesso di inferiorità, figlio della coscienza spora di quella stessa politica che in decenni ha partorito il disastro del sistema siciliano dei rifiuti, che se lo guardi da fuori sembra quasi concepito ad arte per aprire varchi a ogni sorta di malaffare.

I politici-politici da quelle parti durano il tempo di un amen. Come Vincenzo Figuccia, che ha tolto il disturbo in quattro e quattro otto afferrando al volo, con il solito fiuto mediatico, la polemica sugli stipendi dell’Ars per passare ad altri la patata bollente. Quella che Rosario Crocetta nei suoi movimentati governi delle porte girevoli appioppò sempre a santini della legalità. Prima affidando l’incarico a Nicolò Marino, che da magistrato aveva indagato su di lui. Poi, dopo la rottura col suddetto, entrato nel frattempo in rotta di collisione con i confindustriali, era toccato a un altro mezzo forestiero, un siciliano di ritorno come Salvatore Calleri. La leggenda tramandata nei corridoi del Palazzo vuole che alla sua nomina, al big del Pd che chiedeva se il prescelto fosse esperto di rifiuti, il governatore gelese rispondesse: “E’ esperto d’antimafia, quindi…”. Infine, erano stati i renziani di Sicilia a indicare per la tormentata casella un altro magistrato (l’ennesimo, ricordate Massimo Russo e Caterina Chinnici negli anni di Lombardo?), cioè Vania Contrafatto, la cui gestione fu caratterizzata tra l’altro da tensioni con la burocrazia e con lo stesso presidente.

D’altronde, già negli anni di Raffaele Lombardo, per quell’assessorato si era pescato fuori dalla politica, con il prefetto Giosuè Marino, altra icona legalitaria. Ma il via vai di campioni della legalità non è bastato a fare uscire dalla cappa di illegalità il sistema fatto a pezzi dalla commissione parlamentare sui rifiuti e definito “criminogeno” dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando. Una bomba a orologeria sempre sul punto di esplodere, che tanto avrebbe bisogno di (buona) politica.

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La tentazione del papa straniero, meglio se forestiero, ha contagiato in questi anni anche altri settori dell’amministrazione. Basti pensare all’assessorato all’Economia, gestito nell’era di Crocetta, prima dal romano Luca Bianchi, poi dal toscano Alessandro Baccei, spediti in Sicilia a mettere a posto conti ballerini con risultati altalenanti. Perché se in questo ambito dei passi avanti sono stati fatti, restano le preoccupazioni che il nuovo governo ha esposto ancora nei giorni scorsi.

Discorso a parte, nel grande libro della pesca fuori dal mare della politica siciliana, meritano gli assessori superstar. Franco Battiato e Antonino Zichichi furono due meteore nella prima fase dell’era crocettiana. E sembra destinato a durare non molto di più Vittorio Sgarbi, concentrato sul lancio del suo movimento Rinascimento e tentato da approdi nazionali che potrebbero portarlo lontano dalla Sicilia. Quando succederà, toccherà consultare l’agendina per trovare un altro forestiero di peso.

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14 Gennaio 2018, 06:00

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