Il Garante sul 41 bis: | “Condizioni inaccettabili”

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06 Febbraio 2019, 10:03

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Il Garante dei detenuti si esprime con grande criticità sulle condizioni a cui sono sottoposti i reclusi in regime di 41 bis. Dopo i rilievi sollevati dalla Consulta e dalla Corte Europea sul regime del carcere duro, l’ufficio del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale ha condotto una serie di sopralluoghi al termine dei quali ha prodotto una relazione in cui si afferma che le condizioni materiali in alcune sezioni per detenuti sottoposti al regime del 41 bis “risultano inaccettabili”. Il collegio ha visitato tutte le sezioni in cui si applica questo regime. Le “principali criticità” riscontrate riguardano “le situazioni soggettive relative alle reiterate proroghe del regime” e all’inserimento di alcuni detenuti “in aree riservate” che finiscono per costituire “un regime nel regime”, scrive il presidente del collegio Mauro Palma. 

In alcuni Istituti “l’adozione di regole interne eccessivamente dettagliate su aspetti quotidiani vanno anche oltre le già minuziose prescrizioni della Circolare del 2 ottobre 2017”, sottolinea il garante, ricordando di aver già espresso a suo tempo alcune riserve.  Sull’aggravio delle misure restrittive per i reclusi al carcere duro due anni fa si era già espressa in modo critico la commissione Diritti Umani del Senato presieduta da Luigi Manconi al termine di una indagine conoscitiva.

L’esame dell’attuazione del regime speciale si è sviluppato nel solco tracciato da diversi pronunciamenti della Corte Costituzionale e della Corte Europea dei diritti umani, che “individuano la piena necessità di misure volte a proibire ogni forma di comunicazione con le organizzazioni criminali di appartenenza e al contempo a vietare ogni altra misura che possa configurarsi come inutile aggiuntiva afflizione”. 

La relazione del Garante illustra che sono 738 uomini, dieci donne e cinque internati in Casa di lavoro i detenuti sottoposti al 41 bis, il regime del carcere duro. E in base ai dati aggiornati al gennaio 2019, “soltanto 363 di essi – e delle dieci donne, solo quattro – hanno una posizione giuridica definitiva”. Ci sono inoltre, diciotto persone ricoverate nei reparti ospedalieri interni agli Istituti (a Parma e a Milano-Opera). 

Tra le apparenti anomalie su cui si sofferma la relazione c’è quella dei reclusi che hanno terminato di scontare la pena. “Non senza stupore il Garante nazionale ha preso atto che il regime ex articolo 41-bis o.p. ha trovato effettiva applicazione anche nei confronti di persone che hanno concluso l’esecuzione della pena – si legge nel rapporto -. La misura di sicurezza prevista nei loro confronti è quella della “Casa di lavoro”. Nel primo incontro avuto con tale realtà, nell’Istituto di L’Aquila, la mistificazione del lessico era evidente: le persone erano ristrette con un regime identico a quello delle persone detenute, in condizioni materiali peggiori, all’interno di locali strettamente detentivi e fatiscenti, senza alcuna effettiva proposta di lavoro che giustificasse la denominazione della misura applicata”. Su sollecitazione del Garante queste persone sono state trasferite.

C’è poi l’aspetto relativo alle condizioni di salute dei reclusi. “La prolungata reiterazione di misura di sicurezza in regime speciale – scrive il Garante – non ha risparmiato neppure il caso di chi dopo una lunga pena espiata e con palesi patologie che più volte hanno determinato il ricovero in un Sai e che presentano seri profili di disturbi comportamentali che non consentono neppure un dialogo continuativo, continua a essere sottoposto per periodi singolarmente brevi e continuamente ripetuti a tale misura, in un tempo che sembra dilatarsi all’infinito”. E sempre in tema di salute, con riguardo al diritto alla riservatezza,  il Garante nazionale “ritiene del tutto incompatibile con il diritto alla riservatezza e, nel contempo, all’esercizio pieno del diritto alla tutela della salute, la presenza di personale di Polizia penitenziaria durante le visite mediche come prassi ordinaria e non come conseguenza di una richiesta specifica del medico in un altrettanto specifico e circostanziato caso”.

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Il Garante riporta anche alcune “previsioni di difficile comprensione. Per esempio, un cartello appeso nella sala di socialità dell’Istituto di Cuneo comunicava la possibilità di acquistare due gelati a volta, ma che era «assolutamente vietato depositare i gelati all’interno del frigo per essere consumati successivamente»: se si comprano vanno mangiati subito entrambi. A Novara veniva riferito al Garante che non si poteva andare in doccia con accappatoio e asciugamano insieme: o l’uno o l’altro; i familiari non potevano indossare magliette con una qualsiasi scritta neppure quella dell’azienda produttrice: erano costretti a toglierla e indossarla a rovescio”.Elementi che portano il Garante a parlare di “retrogusto iper-punitivo” del regime speciale. “Non possono essere introdotti elementi – scrive il Garante – che aumentino la sofferenza intrinseca alla privazione della libertà, qualunque sia la necessità di implementare un particolare regime detentivo”.

 

 

 

 

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06 Febbraio 2019, 10:03

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