13 Marzo 2013, 06:15
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PALERMO – I fiori, il tubo dell’acqua per annaffiarli, uno scooter che si avvicina e poche parole. Sono questi gli elementi che, a quasi un anno da quel terribile giorno, Giulio Parisi ricorda. Poi il black out. Si è spenta la luce quel pomeriggio: da quel momento in poi non sa cosa sia successo di preciso. Sa di essere stato per più di una settimana in coma, di essersi svegliato un giorno su un lettino di ospedale, circondato dagli affetti più cari che non avevano smesso neanche un secondo di pregare per lui. A partire dalla madre, Annamaria, per terminare con la moglie Elena.
Ha aperto gli occhi, ma ha cominciato a capire cosa gli era successo soltanto dopo qualche giorno. Pian piano ogni tassello si è messo al posto giusto e la vicenda, almeno nella sua mente, si è ricostruita, seppur con qualche vuoto. Qualche giorno prima, a costituirsi alla polizia era stato un giovane di 22 anni che aveva chiesto di lavorare nel suo negozio di piante e fiori, in via dei Nebrodi, all’angolo con via Michele Reina. Fabio Bellimunti, residente in via Fausto Coppi allo Zen, aveva confessato alla polizia, dopo tre giorni di latitanza, di avere aggredito il fioraio 44enne. Dal 21 dicembre scorso è libero.
Ma andiamo con ordine. Giulio Parisi, il 30 aprile del 2012 era stato trovato a terra, a due passi dalla sua attività, sanguinante dalla nuca. Fu trasportato d’urgenza in ospedale, quasi in fin di vita. “Io ho assistito a tutto – racconta la madre – e non riesco a cancellare l’immagine di mio figlio che cade di spalle sulla strada. Aveva ancora il tubo dell’acqua in mano quando è stato colpito da questo ragazzo arrivato, a bordo di un ciclomotore, con la sua fidanzata. Quella stessa mattina doveva aprire il negozio insieme a me, ma non si era presentato”.
“Quando mi si è avvicinato – racconta Parisi – mi disse che non si era svegliato in tempo e che, comunque, non avrebbe più lavorato da me”. Il fioraio, che ha nel frattempo ripreso la sua attività al negozio, ricorda con le lacrime agli occhi quei momenti drammatici, gli ultimi che sono ancora nitidi nella sua mente. “E’ rimasto quindici giorni. Quando mi aveva chiesto di lavorare mi ero fidato perché è il figlio di una signora che conosco. Non avrei mai potuto immaginare tutto questo. Nel frattempo mi aveva chiesto di anticipargli un po’ di soldi ed io mi sono mostrato disponibile con tre acconti. Quel pomeriggio mi chiese i 55 euro rimanenti”.
Poi il pestaggio, i momenti concitati, il sangue e la corsa disperata in ospedale. “Si sono affacciati tutti al balcone – racconta la mamma di Parisi, perché mio figlio è conosciuto nel quartiere e devo dire che nella tragedia, molta gente ci è stata vicina”. Ciò nonostante, è il fioraio stesso a parlare di “una vita totalmente stravolta, in cui non sa più cosa sia la tranquillità”. La serenità perduta, le ripercussioni fisiche, il dolore morale: “Mia moglie vorrebbe andassimo via – dice – e forse sarebbe meglio”.
“Abbiamo sofferto tanto – dice Elena – ed è ora di dire basta, ho versato troppe lacrime. Non possiamo cancellare quello che è successo, ma di certo vogliamo un’esistenza felice. Quel che è fatto ormai è fatto”. Ci sono rammarico e scoraggiamento nelle parole di Parisi e della moglie. Gli occhi tristi sembrano parlare da soli, ma sono i loro racconti a mettere l’accento sulla delusione più grande: quella dovuta al risvolto giudiziario. Bellimunti, infatti, dopo il patteggiamento è stato condannato ad un anno e sei mesi di reclusione con la sospensione condizionale della pena.
“Io ho subito la rottura in due parti della mandibola, un pesantissimo trauma cranico. Sono stato in coma quasi dieci giorni, immobile a letto almeno per venticinque. Ho rischiato di morire per cosa? Lui è libero”. Per Bellimunti, pregiudicato per furto, sono infatti venute meno le aggravanti, in seguito “alle modalità del fatto – come si legge nella sentenza – alla giovane età, alle motivazioni dovute allo stato d’ira e alla piena confessione”. “Io correvo, sono stato un atleta per vent’anni – dice Parisi. Ho smesso con lo sport da quando mi sono sposato ed ho la mia bambina. Ma adesso correrei lontano, proprio come vorrebbe mia moglie. So però che il mio posto è qui, tra i miei fiori, nell’attività di famiglia che tanto amo. Sto cercando di darmi tempo. Tempo per pensare, per riprendere la mia vita in mano e fare la scelta che, speriamo, sarà quella più giusta”.
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13 Marzo 2013, 06:15