Cronaca

Il telefono cellulare: storia di un’inarrestabile ascesa

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18 Aprile 2021, 09:15

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C’era una volta, in un’epoca non lontana, un parallelepipedo munito di tasti e antenna; non era bello, ma i presenti alla nascita gli predissero un futuro glorioso e gli attribuirono le doti per far vivere tutti felici e contenti. Era il 3 Aprile del 1973; il neonato pesava un chilo e cento grammi, era lungo 23 centimetri, e gli fu imposto il nome di DynaTAC. Il suo papà, Martin Cooper, direttore della Sezione Ricerca e Sviluppo della Motorola, lo mise subito alla prova facendo la prima, epocale, chiamata da un dispositivo mobile. Per un decennio se ne elaborarono nuove versioni e, nel 1983, Motorola mise sul mercato, al prezzo di 4000 dollari, il modello DynaTAC 8000X, primo cellulare a diffusione commerciale, che offriva 30 minuti di conversazione, la possibilità di memorizzare 30 numeri e di trasmettere voce e brevi messaggi di testo. Dimensioni e peso erano stati ridotti e, in aggiunta ai 12 della tastiera telefonica, erano stati inseriti tasti speciali per memorizzazione, invio, richiamata, blocco, volume. Il segreto principale del suo successo consistette nella facilità di utilizzo.

In una prospettiva storica di breve periodo, il processo di “assorbimento sociale” dello strumento di comunicazione costituito dal telefono cellulare, dalla nascita della telefonia mobile all’incontrastato successo degli smartphone, appare fondato sulla relazione sempre più stretta tra tecnologia e usi sociali che, sebbene l’iniziale marketing dei telefoni cellulari fosse rivolto ai consumatori più ricchi, veicolò l’idea che l’opportunità di essere sempre raggiungibili mediante un portatile dovesse essere alla portata di tutti, facendo lievitare la richiesta del prodotto.
Mentre le liste di attesa dei clienti, nonostante l’elevato prezzo iniziale, si moltiplicavano, i telefoni mobili diventavano sempre più competitivi. Nel 1989, Nokia creava Mobira Cityman900, che pesava “solo” 800grammi, ma segnava un enorme progresso rispetto al modello “mattone”. Tra il 1990 e il 1995, i cellulari cominciavano ad essere comprati dai consumatori medi. Nel 1998, Nokia, diventando il più grande produttore al mondo, superava il traguardo di 100 milioni di telefoni cellulari fabbricati, con 40,8 milioni venduti.

In omaggio alla verità storica, occorre ricordare che il prototipo dello smartphone, progettato dalla IBM, messo in commercio nel 1992 dalla BellSouth, si chiamava Simon, e offriva funzioni al tempo innovative, come la posta elettronica. Tuttavia, anche se nel 1999 nasce BlackBerry 850, dotato di un piccolo display LCD, il primo vero smartphone arriva nell’aprile 2000: BlackBerry 957, che imprime una svolta alla diffusione dei dispositivi destinati al grande pubblico. Dal 2008, l’iPhone 3G di Apple, con la sua tecnologia pionieristica, cambia per sempre il modo in cui percepiamo i portatili. L’interfaccia touchscreen di iPhone e le sue applicazioni divengono così popolari che nel 2010 Apple ne vende 50 milioni di esemplari.

L’era della connessione totale, considerato che anche i prodigi tecnologici hanno bisogno di una rete adeguata, accelera l’evoluzione nel settore dei cellulari, determinando la crescita esponenziale che ha reso presto obsoleti i prodotti del pur recente passato. E, nel nostro futuro, non vi saranno solo gli smartphone, ma un numero crescente di dispositivi interconnessi tra loro, come i Google Glass (occhiali con display ad alta risoluzione coi quali è possibile visualizzare informazioni tramite comandi vocali), o gli Iwatch da mettere al polso.

Per quanto riguarda il nostro Paese, il telefonino è stato uno dei maggiori successi dell’intera storia dei media italiani, paragonabile solo alle vendite degli apparecchi televisivi negli anni Sessanta. Secondo le statistiche OECD del 2005, dal 1993 al 2003, gli abbonamenti al cellulare in Italia sono cresciuti dal 2,1 al 97,6 per cento abitanti. Uno studio condotto per “Pew Research” da Laura Silver, Smartphone Ownership Is Growing Rapidly Around the World, dimostra che, dal 2019, il 71% degli italiani dispone di uno smartphone e il 20% di un cellulare di altro tipo.

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Questo boom, nonostante una iniziale arretratezza tecnologica, ha avuto presupposti tecnici, come l’introduzione del sistema GSM, grazie al quale si raggiunsero, nel 1995, i quattro milioni di abbonati, della SIM card, trasferibile da un ricevitore all’altro con i dati tecnici dell’utilizzatore, e delle carte ricaricabili; economici, quali la concorrenza tra Tim e Omnitel e la “guerra delle tariffe”, che ha abbassato i costi d’uso e favorito la massificazione del dispositivo; infine istituzionali, consistiti nel facilitare la diffusione delle reti in tutto il Paese. Questa sinergia di fattori tecnologici, commerciali e politici ha spinto la fenomenale crescita dei sistemi mobili di comunicazione, affiancata altresì da motivazioni socio-culturali.
Al di là del gigantesco business, difatti, grazie al successo “culturale” del telefono mobile, la quasi totalità degli Italiani ha adottato il nuovo mezzo, lo ha integrato nelle proprie abitudini, e considera il telefonino non più uno status symbol, ma uno strumento di lavoro e di comunicazione, assurto a mediatore dei legami familiari e sociali, aiuto indispensabile nelle situazioni di emergenza, necessario tanto per i contatti pubblici quanto per i riti privati.

Un popolo tradizionalmente tecnofobico, “alfabetizzato” dalla presenza generalizzata del telefono fisso nelle case, ha adottato con facilità un oggetto semplice e in parte conosciuto, introducendolo permanentemente nell’orizzonte quotidiano. La funzione di connessione a tutti gli altri media e ai social network ne ha accelerato il processo di metabolizzazione.
Alcuni dati attuali. I telefoni cellulari sono il device più diffuso al mondo e raggiungono il numero di 5 miliardi dei quali ben 4 sono smartphone di ultima generazione. Su una popolazione mondiale di 7,8 miliardi di persone, sono attive oltre 10 miliardi di linee telefoniche mobili. Lo smartphone più costoso al mondo è Falcon Supernova Pink Diamond iPhone 6, ricoperto di oro 24 carati e decorato con un enorme diamante rosa sul retro; possiede una tecnologia di difesa rispetto ad attacchi informatici esterni, così da mantenere riservate le informazioni del proprietario. Il valore? Circa 95,9 milioni di dollari. Il più venduto, oggetto del desiderio dei giovanissimi che, anno dopo anno, attendono il nuovo modello, secondo l’analisi di mercato pubblicata da Counterpoint Research nel gennaio 2021, è iPhone 12, nella versione standard, a conferma del report di Omdia, secondo cui iPhone 11 è stato il telefono più venduto nella prima metà del 2020.

Ai “diversamente giovani”, abituati al feature phone, dispositivo basico che mantiene la forma dei telefoni di prima generazione, con tastiera fisica e schermo piccolo, il mercato offre smartphone “facilitati”, che puntano sulla semplicità, ma offrono funzioni più evolute come la possibilità di scattare fotografie o di collegarsi alle chat. I preferiti sono i modelli dell’azienda svedese DORO, leader nella produzione di smartphone per il pubblico senior. Doro 8040 permette di navigare in Internet e di utilizzare WhatsApp, è facile da usare grazie alla compatibilità con l’assistente vocale di Google, il Google Assistant, con cui è possibile interagire attraverso comandi vocali, e chiedere soccorso in caso di emergenza.

La diffusione planetaria di un oggetto divenuto quasi un’appendice della mano, come racconta la sua storia, è di certo legata principalmente alla rete di affari internazionale. Strictly business, direbbe Michael Corleone. Ma, in realtà, c’è molto di personale. Come si è avuto modo di descrivere trattando di nomofobia, essere connessi in Internet per assicurarsi comunicazione, raggiungibilità, apparenza, è diventata una necessità fisiologica, e il telefono mobile è lo strumento atto a soddisfare questo bisogno. L’uso dello smartphone (proprio come l’uso di una sostanza a cui un soggetto attribuisca il significato personale di riuscire a sentirsi meglio) realizza la funzione di “regolatore” dell’ansia, e, a livello altrettanto personale, attiene alla gestione della dicotomia collegamento/scollegamento, per cui essere sempre collegati significa annullare le distanze dagli altri, quindi si traduce in benessere, mentre la sola idea di essere scollegati fa soffrire. Semplice come il più intuitivo degli interruttori: acceso, luce; spento, buio.
Esistono nuove forme di dipendenza, innescate dall’attaccamento al mezzo tecnico, che, nel gioco difficile dello stare al mondo, prende il sopravvento sull’uso delle funzioni intellettive, al punto da diventare, secondo Gabriele Balbi, docente di Scienze della Comunicazione, una “protesi” psico-tecnica. Il cellulare viene investito di significati affettivi che lo rendono un feticcio: se ne è posseduti, piuttosto che possederlo. Tuttavia, come insegna la millenaria storia dell’Uomo sulla Terra, dall’invenzione della ruota in avanti, il problema non è lo strumento, ma l’uso che se ne fa. Le valenze psicologiche legate a quest’uso, come i significati che si celano dietro al continuo bisogno di visibilità sociale, possono essere diversi; ma è evidente che essere iperconessi conduce ad essere avulsi dalla realtà.
La sindrome da disconnessione è così diffusa che non bastano ricerche e riflessioni. Per smettere di vivere attraverso uno schermo, l’impegno deve essere personale. Come scrive lo psicologo Marc Masip (Disconnessi e felici. Riconoscere la dipendenza da internet e da cellulare per fare un uso adeguato delle nuove tecnologie) occorre un passo indietro a livello tecnologico per poterne fare tre in avanti a livello umano, recuperando la libertà individuale e riscoprendo che le relazioni “vere” possono essere molto più appaganti di una chat.

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18 Aprile 2021, 09:15

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