In aula nel nome del padre | Ciancimino, ventriloquo di don Vito

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03 Marzo 2016, 06:45

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PALERMO – Massimo Ciancimino oggi torna in aula. Risponderà per il quinto giorno alle domande dei pubblici ministeri del processo sulla Trattativa Stato-mafia nel quale è supertestimone e imputato. Lo farà, oggi e sempre, nel nome del padre.

Ascolteremo una valanga di ricordi. Alcuni vissuti – così sostiene – in prima persona, ma la stragrande maggioranza attribuita, appunto, al padre, don Vito Ciancimino. Senza dovere fare ricorso alla sfera di cristallo è ipotizzabile che la scena si ripeterà anche oggi nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo.

Il passato, infatti, ci insegna più di qualcosa. Basta rileggere i resoconti delle scorse udienze per trovare, senza fatica alcuna, una sfilza di “mio padre”: “Mio padre sapeva che Mancino sarebbe andato a sostituire Scotti”; “Il 19 luglio del 1992 stavo andando a Fregene e mio padre mi disse di rientrare subito a Roma. I telegiornali davano tutti le immagini della strage di via D’Amelio. Mio padre mi disse ‘la colpa è tua, mia, nostra che abbiamo alimentato tutto questo”’; “Mio padre incontrò nel 1992 Provenzano in uno studio dentistico a Palermo”; “Mio padre mi disse che Provenzano si muoveva liberamente grazie a degli accordi presi in passato, era un accordo preso con le Istituzioni”; “Mio padre riteneva Riina molto stupido”. E sono solo alcuni esempi.

Ciancimino jr ci consegnerà una verità, per lo più, de relato e per lo più senza alcuna possibilità di essere riscontrata. Perché è la verità che dice di avere appreso dal padre. Un padre morto.

Anche tra i magistrati di Palermo Ciancimino non sembra più godere della fiducia incondizionata di un tempo. Ecco perché starebbero tentando di salvare almeno una parte di ciò che racconta. Non è un caso che il pubblico ministero Antonino Di Matteo in aula, alle scorse udienze, gli abbia chiesto di limitare il suo racconto “solo ai fatti di cui è stato testimone diretto”. Perché per i pm gli incontri fra i Ciancimino, padre e figlio, il capitano dei carabinieri Giuseppe De Donno e il generale Mario Mori segnarono l’avvio della Trattativa culminata con la consegna del papello da parte di Totò Riina.

 

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03 Marzo 2016, 06:45

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