07 Ottobre 2012, 18:54
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PALERMO- Una sala a porte chiuse della Corte di Cassazione per discutere delle spaccature tutte interne a Magistratura Democratica. Dopo settimane di attacchi a distanza, ieri pomeriggio nella capitale si è riunito il consiglio nazionale di MD, la corrente di sinistra delle toghe. All’ordine del giorno ovviamente il documento che il 19 settembre scorso era stato prodotto dall’esecutivo nazionale di Magistratura Democratica. Uno stringato comunicato, in cui era evidente e diretto l’attacco al procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, uno dei componenti di spicco di Md, che nel documento non veniva mai citato direttamente. Al magistrato che indaga sulla Trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa Nostra era comunque contestata “un’esasperata sovraesposizione mediatica”, “una ricerca del consenso”, aggravata dal fatto che con le sue uscite pubbliche aveva contribuito a creare “verità preconfezionate ” sulla Trattativa Stato-mafia, che arriverà davanti al gup Piergiorgio Morosini soltanto il prossimo 29 ottobre.
Quel documento, per Ingroia, sarebbe una “sentenza di condanna, un atto di accusa politico e personale, senza precedenti, sintomatico di un grave arretramento politico-culturale nel Paese e nella magistratura”. Giovedì scorso, al Festival della legalità, era andato oltre. “Chi mi attacca deve gettare la maschera: se continueranno ad attaccare la procura – aveva detto il magistrato intervenendo a Villa Filippina – capiremo che sono le indagini ad essere scomode e non Antonio Ingroia: non sono io che mi sovraespongo anzi, sono i magistrati che mi criticano a parlare troppo poco di quello che fanno”.
In difesa di Ingroia si è schierata la sezione palermitana di Md, di cui è segretaria (dopo aver ritirato le dimissioni) Lia Sava, sostituto procuratore a Palermo e anche lei titolare delle indagini sulla Trattativa. “Nei suoi interventi pubblici – scrive la sezione palermitana di Md – Antonio Ingroia non ha mai sollecitato il consenso dei cittadini alla propria indagine, né tanto meno all’esito favorevole all’accusa di processi in corso, dichiarando, invece, e ripetutamente , di dover attendere la valutazione delle prove che faranno i giudice”. La sezione palermitana di Magistratura Democratica ha tentato anche di saldare la spaccatura interna alla procura di Palermo. Nei giorni scorsi i pm Gaetano Paci e Carlo Marzella si erano trovati in disaccordo su alcune scelte rispetto a Ingroia. “É però inaccettabile ritenere che lo abbiano fatto per motivi opachi” scrive sempre la sezione palermitana di Md. Critiche al procuratore aggiunto di Palermo sarebbero arrivate anche dall’ex membro del Csm Elisabetta Cesqui. “Falcone e Borsellino – ha argomentato la Cesqui – potevano dire certe cose perché il contesto era diverso”. Parole che non sono piaciute a Ingroia: “Il contesto era identico – ha replicato il pm – La verità è che solo quando uno muore gli viene riconosciuta l’onestà intellettuale. La storia sembra non aver insegnato nulla”.
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07 Ottobre 2012, 18:54