“Io, universitario senza sbocchi”

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09 Marzo 2009, 09:45

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Questa mia lettera parte dall’esigenza che sento di porre alla nostra collettività una domanda forte che mi tormenta ormai da qualche anno: ma le università italiane sono fatte per preparare al lavoro giovani specializzati in uno specifico settore o servono soltanto per far ingrassare stuoli di professori universitari con  famiglie al seguito e protetti vari? Il mio non è un quesito puramente retorico ma prende le mosse dalla mia personale vicenda che ha dell’inverosimile perché solo oggi mi rendo conto di essere rimasto impigliato in un sistema che non mi permetterà mai di utilizzare la mia laurea per lavorare. Ciò perché semplicemente la mia laurea dà accesso ad una professione che non esiste. Sembra incredibile ma è così, la professione per la quale mi sono formato c’è solo sulla carta ma non esiste nel privato convenzionato, non esiste nei ruoli del pubblico e non è richiesta dagli studi professionali. Si può obiettare: allora perché hai scelto quella facoltà? Facile perché fino a quando non ti laurei non scopri l’inghippo.
Ma andiamo per ordine cominciando con il dire che sono un igienista dentale laureato ed abilitato. Per legge in Italia assistenti alla poltrona del dentista ed odontotecnici non possono più fare l’igiene dentale, occorre il professionista. Cosa accade in Italia, il Paese dell’incredibile? Negli studi privati i dentisti non vogliono sobbarcarsi questo costo e dunque l’igiene la fanno loro stessi o almeno così fanno risultare anche se poi continuano a farla fare all’assistente o all’odontotecnico. Dunque nessuna offerta di lavoro dagli studi privati. La case di cure difficilmente hanno un reparto dentistico, se lo hanno l’igiene la fanno fare sempre al medico (stessa cosa degli studi professionali). Lo sbocco, allora, sarebbe l’ospedale ma nelle piante organiche degli ospedali la figura non esiste anche se introdotta per legge.

Oggi che si parla tanto di prevenzione perché nel settore dentale la prevenzione non esiste nelle strutture ospedaliere? Nessuno ci pensa e nessuno ci fa caso. Eppure l’università di Palermo ha aperto un corso e nessuno sa che non serve a nulla.

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Oggi mi chiedo: ma può una Università pubblica aprire un corso per formare giovani per una professione che non c’è? Certo sulla carta non è così. A quando il passaggio dalla carta ai fatti e dunque uno spiraglio per i giovani che si laureano non senza sacrifici? Oggi, poi, che a tutto questo si aggiungono i tagli nel settore sanitario pensare che qualcuno corregga questa distorsione appare perfino utopistico.  Eppure in questo Paese ci sono garanzie per tutte le categorie sociali: precari, ex detenuti, disagiati, disabili! Pensare a chi è meno fortunato è certamente un dovere, garantire il reinserimento sociale di chi ha sbagliato altrettanto, ma chi, invece, si è sempre comportato correttamente non ha più diritto all’inserimento lavorativo? Io, dunque, devo delinquere o rendermi invalido per guadagnarmi questo diritto?

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09 Marzo 2009, 09:45

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