23 Ottobre 2019, 05:56
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PALERMO – La casa del boss è costruita a 150 metri dal mare di Aspra, lì dove vige un divieto assoluto di costruzione, e sarà abbattuta. Lo ha deciso il Cga respingendo la richiesta di sospensiva della sentenza del Tar.
Davanti al Tar i proprietari avevano chiesto l’annullamento di tutti gli atti della pratica. Nel 2018 il Comune di Bagheria, quando sindaco era Patrizio Cinque, ha deciso l’annullamento in autotutela della concessione edilizia in sanatoria emessa nel 2012, dando seguito all’atto con un ordine di demolizione e una sanzione di 20 mila euro. L’immobile era di proprietà di Carlo Guttadauro, uomo d’onore della mafia bagherese.
Non è finita qui. L’ente ha acquisito l’immobile e ha avviato le pratiche per la demolizione. I proprietari hanno fatto ricorso al Tar. Secondo i giudici di primo grado, però, le richieste di annullamento non erano fondate e l’immobile poteva essere demolito. I titolari si sono dunque rivolti al Cga, chiedendo, nell’attesa del giudizio di merito, la sospensive del via libera alla demolizione. Una richiesta ora non accolta dal collegio di secondo grado composto da Claudio Contessa, Hadrian Simonetti, Nicola Graviano, Elisa Maria Antonia Nuara e Antonino Caleca.
In particolare per i magistrati non solo l’immobile “ricade in zona sottoposta al vincolo di in edificabilità assoluta” ma non risulterebbe neanche provato il fatto che la casa coinciderebbe con un piccolo capannone agricolo esistente già nel 1989. Nel 2004 d’altronde la proprietaria ha dichiarato che i lavori erano finiti nel gennaio di quell’anno, “in data – commentano i giudici – di gran lunga posteriore a quella in cui era stato fissato il vincolo di in edificabilità entro i 150 metri dalla costa”. La legge che decide un tale divieto infatti è del 1976.
ll no alla sospensiva di fatto anticipa quello che potrebbe essere la decisione nel merito, attesa per il prossimo 20 febbraio. Di sicuro sin d’ora il Comune può dare seguito alla demolizione della villa del boss, fratello di Giuseppe Guttadauro, capomafia di Brancaccio, e di Filippo, postino di Bernardo Provenzano e cognato di Matteo Messina Denaro.
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23 Ottobre 2019, 05:56