17 Marzo 2016, 05:42
5 min di lettura
CATANIA – Per il pentito paternese rinnegato dalla madre, Francesco Musumarra, i pm Antonella Barrera e Andrea Bonomo hanno chiesto al Gup Giuliana Sammartino la condanna a 10 anni di carcere. Le rivelazioni del collaboratore di giustizia diedero un’accelerazione alle indagini scattate dopo l’omicidio di Salvatore Leanza freddato sotto casa il 27 giugno del 2014. Un’inchiesta delicatissima quella dei carabinieri che lo scorso anno portò a 16 fermi tra le file della famiglia Morabito e Rapisarda, alleati dei Laudani, e degli Alleruzzo-Assinnata, storici “referenti” dei Santapaola-Ercolano a Paternò.
L’udienza preliminare si è svolta a porte chiuse. Davanti all’aula II della Corte d’Assise al piano terra la folla di parenti ha aspettato diverse ore. E ogni volta che usciva un agente di polizia penitenziaria c’era chi sbirciava sperando di vedere uno dei detenuti. Mogli, figli (anche piccoli) e familiari hanno atteso la fine del processo che è stato rinviato per le arringhe difensive. Il prossimo primo aprile, salvo rinvii, il Gup leggerà la sentenza relativa agli imputati che hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato. In quella stessa data deciderà sul rinvio a giudizio di Salvatore Rapisarda (detto Turi U Porcu – Panzuni), del figlio Vincenzo Salvatore Rapisarda (Alias Scrusci Scrusci), di Alessandro Giuseppe Farina e di Giuseppe Parenti. Turi Rapisarda è accusato di essere il mandante dell’omicidio di Salvatore Leanza, considerato all’epoca il reggente del clan rivale.
E’ durata diverse ore l’udienza preliminare. I pm Barrera e Bonomo hanno svolto la requisitori e hanno formulato le richieste di pena per gli altri imputati che hanno scelto il rito alternativo. Resta fuori Angelo Primo Sciortino (U Rossu) la cui posizione è stata stralciata per un vizio di nullità nella notifica. La pena più dura è quella chiesta per Francesco Santino Peci, accusato del tentato omicidio di Antonino Giamblanco e di detenzione di armi. Per lui i pm hanno chiesto 13 anni di reclusione. 12 anni la richiesta per Vincenzo Morabito (Enzo Lima), 10 anni per Antonino Magro (U Rannazzisi), 9 anni per Antonino Barbagallo (Ninu U Muzzuri), Rosario Furnari (Saru U Carabbacchiu), Antonino Giamblanco (U Sciallarese), Sebastiano Scalia (Ianu Cacocciola), Giuseppe Tilleni Scaglione (U cantante). 9 anni e 8 mesi per Salvatore Tilleni Scaglione. Pena più lieve (si fa per dire) per Vincenzo Patti (frastorno).
Quando è partita l’inchiesta (chiamata En Plein) era in corso una vera guerra per la conquista del potere criminale a Paternò. La faida – come detto – aveva portato nell’estate del 2014 a due gravi fatti di sangue uno nel cuore della città e una nelle campagne di Motta Sant’Anastasia: l’omicidio di Salvatore Leanza (Turi Padedda), 59enne e conosciuto come uno dei boss del clan di Giuseppe Alleruzzo, e l’agguato fallito ad Antonino Giamblanco. Una relazione antimafia parlava di Turi Padedda come il nuovo capo dei Santapaoliani di Paternò, mentre i Laudani potevano contare sui Morabito. La notizia quella del tentato omicidio che era rimasta nel massimo riserbo: a rilevarla era stata la relazione della Direzione Nazionale Antimafia dove era evidenziato come Paternò fosse tornata zona di trincea. Le indagini hanno permesso ai carabinieri di fotografare lo scenario criminale e di ricostruire la struttura organizzativa dei due gruppi e inoltre anche la modalità di gestione delle “casse comuni”.
Pubblicato il
17 Marzo 2016, 05:42