13 Luglio 2020, 06:00
4 min di lettura
CATANIA – Ognuno di noi, in fondo, ha una fonte d’ispirazione. E a quanto pare anche nell’illecito ci sarebbero i ‘personaggi’ da imitare. Certo Antonio Paladino, il commercialista finito in carcere venerdì mattina nell’ambito dell’inchiesta Fake Credits, non avrebbe mai potuto pensare che il suo destino giudiziario sarebbe stato simile all’avvocato Michele Alfredo Paese, ‘testa pensante’ di un sistema di frode fiscale scoperchiato dalla magistratura romana.
Quanto scoperto dalla Guardia di Finanza di Catania è quasi sovrapponibile a quello emerso dall’inchiesta della capitale: crediti fittizi, società cartiere, l’accollo dei debiti. I numeri sono un po’ più contenuti, ma il metodo, ingegnoso quanto criminale, sarebbe (quasi) identico.
Come si arriva al nome dell’avvocato Paese? Nella fase embrionale dell’inchiesta coordinata dal pm Fabio Regolo e l’aggiunto Agata Santonocito. A marzo dell’anno scorso è stata avviata una verifica fiscale della Società di vigilanza Ancr srl. Da quegli accertamenti viene fuori il nome di una società che era coinvolta nell’indagine romana (e quindi all’avvocato Paese) e poi all’associazione datoriale Confimed Italia.
È la stessa amministratrice di Ancr Daniela Debole, finita nel calderone dell’inchiesta Fake Credits, a spiegare che “le operazioni relative agli accolli e all’acquisto dei crediti tributari sono state eseguite attraverso Confimed Italia. I nostri referenti, ovvero Antonio Paladino presidente di Confimed Italia e Luca Di Salvo, collaboratore della stessa, provvedono a ricercare e selezionare – argomenta – le società che dispongono di tali crediti”.
Scavando, scavando la Guardia di Finanza scopre che molti professionisti – finiti nel registro degli indagati – avrebbero apposto “vizi di conformità” del tutto farlocchi “ad un impressionante elenco di società”. “Paladino, insieme ai suoi associati” avrebbe “creato su Catania e provincia una organizzazione – si legge nell’ordinanza della gip Giuseppina Montuori – deputata a commettere gli stessi reati commessi a Roma da Paese”.
E sono le intercettazioni a cristallizzare il ruolo di “controllore” di Antonio Paladino nel giro di “compensazioni” considerate illecite dalla magistratura catanese. Il 19 giugno 2019 il professionista parla con Marco (identificato dalla procura in Marco Mariani, ndr) che chiarisce senza mezzi termini come il commercialista fosse il ‘dominus’ delle operazioni. “Mi avevano chiamato per gli sblocchi giù, io ho detto che dovevano parlare con te, là in ufficio ho detto guardate devo parlare prima con Toni perché non so Toni cosa ha deliberato…”. Toni è “il vigilante”, come palesemente etichettato nelle conversazioni captate dalla Guardia di Finanza.
Sono sempre le intercettazioni a blindare il collegamento tra Paese e Paladino. Giuseppe Schiavo telefona al professionista chiedendo informazioni sul controllo fiscale della Guardia di Finanza. E chiede inoltre in quali circostanze ha conosciuto l’avvocato Paese. Anche se in un primo momento non ricorda il nome.
“Ma guarda invece quell’avvocato… l’avvocato invece quello di Roma.. che non mi ricordo.. Parolo… non mi ricordo… Parolo… non mi ricordo bene come si chiama”, dice Schiavo. Paladino precisa: “Quello là, ce ne hanno sequestrati di meno soldi… Paese, no Parolo… lo so… me le sono lette anch’io le cose sul giornale… e lui… le società le sue sono… le società”. Schiavo quindi domanda: “Ma tu sei arrivato a questo qua, tramite Cipriano (Sciacca, ndr) scommetto?” Paladino ammette: “Iddu mi puttau sti cristiani… considera che questo avvocato Michele Paese in televisione lo hanno intervistato … sky.. come esperto nazionale della Cyber Security… amico di Maroni…”
Schiavo incalza: “Paese… ti ci ha portato Cipriano?… scusa se ti faccio queste domande… perché tu sai da un ex sbirro, le domande vanno fatte…” Paladino ci pensa e risponde: “Allora… di recente no.. di recente… non lo sento da recente.. ci siamo visti l’ultima volta al congresso del coso…” Schiavo dice: “Cipriano è stato raggiunto da un avviso di garanzia, assieme ad altri due, tre o quattro… non mi ricordo”. Paladino racconta: “Con l’elicottero ci sono andati da lui… nella villa di Cipriano… è fuori Marsala la villa di Cipriano…”
La magistratura – alla lettura delle intercettazioni – non ha alcun dubbio. “D’altra parte che Paladino ed i suoi associati – si legge – siano la continuazione catanese del gruppo criminale operante su Roma e capeggiato dall’avvocato Paese emerge anche dall’analisi della documentazione sottoposta a sequestro nel corso delle attività di perquisizioni”.
Libri contabili, bilanci, scambio di email. Sono molteplici gli atti che sono stati analizzati dagli investigatori del nucleo di polizia economico-finanziaria che ha portato a scoprire le “operazioni di accollo e compravendita” che sono state garantite da polizze fideiussorie di una compagnia svizzera. “Senti una cosa… io c’ho.. mi sono arrivate le polizze oggi… se tu porti il timbro.. così in occasione… visto che ci vediamo oggi pomeriggio… così me li firmi.. me li faccio … mi è arrivato l’originale… l’originale glielo dobbiamo mandare per raccomandata, giusto?.. quindi se tu me li firmi, io glieli mando per raccomandata … ok?”. Per gli inquirenti, questa intercettazione è il “timbro” che dimostrerebbe “il meccanismo fraudolento utilizzato”.
Antonio Paladino e gli altri indagati dovranno affrontare gli interrogatori di garanzia che si apriranno oggi. Vedremo se il commercialista deciderà di avvalersi della facoltà di non rispondere o di rispondere alle domande della gip.
Pubblicato il
13 Luglio 2020, 06:00