Cronaca

Tra pubblico e privati: guerra dell’acqua in provincia di Catania

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02 Gennaio 2022, 06:14

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CATANIA – In tutte le guerre ci sono i colpi a sorpresa, i blitz fulminei con cui si cerca di prendere l’iniziativa. E quella che si sta svolgendo intorno alla gestione dei servizi idrici in provincia di Catania ha preso, negli ultimi giorni dell’anno appena passato, tutte le sembianze della guerra lampo, dopo essersi trascinata per anni in una trincea di carte bollate, ricorsi alla giustizia amministrativa e civile, richiami dell’Autorità per la concorrenza. Al centro della contesa una domanda: chi gestirà le reti idriche del catanese, oggi frazionate tra diverse aziende private piccole e medie? 

Le mosse degli ultimi giorni

Si può iniziare a raccontare la contesa dalla fine, ovvero dai consigli comunali notturni con cui, nelle notti del 28 e 29 dicembre scorso, il comune di Catania e quello di Gravina hanno approvato l’ingresso delle proprie partecipate di gestione dei servizi idrici, Sidra e Acoset, a un nuovo gestore unico per tutta la provincia. Il nuovo gestore, Catania Acque, in cui sono coinvolte anche la Sogip e l’Ama, esiste ancora sulla carta, dato che l’approvazione del suo statuto risale appena ai primi di dicembre. Ma l’intenzione dell’Ati Catania, ovvero dell’ente che decide in modo collegiale la gestione delle acque nella provincia, è lampante: i 58 sindaci che ne fanno parte hanno votato all’unanimità per la costituzione del nuovo soggetto per la gestione integrata “in house” delle acque.   

Questa decisione ha importanti conseguenze, sia dal punto di vista della politica e della gestione delle acque, quella che in molti amano chiamare “governance”, che da quello dei singoli cittadini. Catania Acque, infatti, dovrebbe acquisire le reti idriche e fognarie, garantire l’erogazione dell’acqua e la manutenzione di reti che spesso perdono migliaia di litri al giorno, e dare un prezzo unificato a tutto, ovvero inviare bollette uguali a tutti gli abitanti della provincia. Un salto in avanti gigantesco rispetto alla situazione attuale, in cui diverse aziende private gestiscono una piccola porzione di rete ciascuna con mezzi e sistemi propri. 

I ritardi e i fondi del Pnrr

La provincia di Catania arriva tardi rispetto alla legge Galli, che prescriveva la gestione integrata delle acque già 27 anni fa, e proprio per questo grande ritardo, che potrebbe pregiudicare l’accesso ai fondi del Pnrr per il rinnovo delle reti idriche, l’Autorità nazionale per l’energia e le reti ha fatto pressioni perché si arrivasse a conclusione della vicenda entro l’anno.  

Ai primi di dicembre, infatti, quando fu approvato lo statuto di Catania Acque, fioccarono i comunicati di soddisfazione, che vedevano nella costituenda società lo strumento per accedere ai fondi europei e avviare una nuova stagione di programmi e progetti. 

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I privati, le reti

Tutto semplice, in teoria. Se non fosse che proprio la nuova azienda, quella Catania Acque Spa che dovrebbe unificare e mettere d’accordo tutti, diventa Spa solo dopo un intervento dell’Autorità garante per la concorrenza: secondo il primo progetto, infatti, il nuovo gestore sarebbe dovuto essere una società consortile, in cui le quattro aziende entranti avrebbero di fatto mantenuto la propria fisionomia, i propri consigli d’amministrazione, i propri posti di sottogoverno. Con la nuova struttura, invece, ci sarà un solo soggetto a maneggiare l’acqua catanese. 

Chi da anni porta invece un contenzioso contro l’Ati e la sua precedente incarnazione è un’altra azienda, la Sie-Servizi Idrici Etnei, che reclama il diritto di stare al posto della Catania Acque Spa, ovvero di gestire il servizio idrico integrato dell’Ati Catania. Alla Sie, azienda mista pubblico/privato, è stato assegnata la gestione nel dicembre del 2005, ma alcune sentenze di tribunali civili e amministrativi annullarono la gara con cui si selezionò il socio privato dell’azienda. 

Da allora la questione va avanti nei tribunali, con intricatissime vicende il cui ultimo atto sono le quattro sentenze del Consiglio di giustizia amministrativa siciliano, a metà dicembre scorso. In seguito a quelle sentenze, l’Ati Catania e la Sie hanno rivendicato la correttezza delle proprie azioni, con la prima che sostiene che “al fine di rispettare le scadenze imposte dalla Comunità Europea e dal Ministero per la transizione ecologica, è opportuno proseguire nel procedimento avviato per l’affidamento del sistema idrico integrato al gestore unico in house”, e la seconda per cui “Il contratto è dunque vigente e ciò è sufficiente perché immediatamente ne consegua un obbligo al suo adempimento”. Un altro stallo, in cui si continuerà a cercare di uscire con gli avvocati e i tribunali. 

A chi tocca l’acqua?

Il rischio, in altre parole, è che Catania Acque Spa, appena nata, potrebbe essere “spodestata” da una sentenza che dica che è Sie a dover gestire i servizi idrici. Per questo Sie e la sua tenacia hanno movimentato la seduta del consiglio comunale catanese in cui si è decisa l’entrata di Sidra in Catania Acque. In apertura di consiglio, infatti, il presidente Giuseppe Castiglione ha letto una lettera di Sie in cui si diffidava il consiglio dal fare entrare Sidra Spa in Catania Acque. Dopo un confronto tra i capigruppo e i dubbi dello stesso Castiglione, che in un primo momento aveva pensato di sospendere la seduta per chiedere un parere all’avvocatura del Comune, il consiglio ha decretato, in piena notte, l’ingresso di Sidra in Catania Acque. 

Al consiglio comunale di Gravina, riunito per decretare l’ingresso di Acoset, non è arrivata diffida di Sie. Ma alla fine della seduta il sindaco ha sottolineato che si attende “che si risolva il contenzioso tra la Sie e l’Ato idrico per l’esatta individuazione della società che dovrà svolgere il ruolo di gestore unico nella provincia etnea”. La partita è ancora aperta, e anche se in questo momento tutti stanno saltando a bordo di Catania Acque Spa, non è detta l’ultima parola.

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02 Gennaio 2022, 06:14

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