“La mano nera” | Talty e Petrosino

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18 Luglio 2018, 11:26

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PALERMO- Stefan Talty, giornalista e scrittore americano, ha presentato ieri a Palermo il suo libro “La mano nera. La vera storia di Joe Petrosino”. Domani alle ore 18.00, nella Sala Mattarella a Palazzo dei Normanni, Talty riceverà il premio “Joe Petrosino Sicilia” da parte del Rotary Club Palermo. Ma del testo e del suo autore sentiremo ancora parlare dato che i diritti di questo libro sono stati acquistati da Leonardo Di Caprio che interpreterà Petrosino in un film, disponibile nelle sale nel 2019.

Joe Petrosino è il primo rappresentante delle forze dell’ordine vittima di mafia. Fu ucciso a Palermo, a Piazza Marina. Emigrato in America, questi è stato il primo italo-americano a raggiungere la posizione di Ufficiale nella NY Police, diventando amico di Theodore Roosevelt allora assessore alla polizia di New York. L’investigatore era stato inviato Palermo per indagare sui i legami fra mafia americana e mafia siciliana. Sarebbe stato perciò ucciso su mandato di Vito Cascio Ferro, il “Padrino” a cui si ispira anche il romanzo di Mario Puzo e la serie dei tre film di Francis Ford Coppola.

“Ho conosciuto Joe Petrosino per caso leggendo in un libro una sua citazione. – ha raccontato Stefan Talty -. Da lì ho approfondito la sua storia e mi sono reso conto come fosse rimasta nascosta e andasse invece diffusa. C’erano molti aspetti, che mi interessavano. Anzitutto il fatto che questa di Joe Petrosino fosse la storia di un immigrato, infatti io sono figlio di irlandesi e mi interessano questo tipo di figure. Poi piaceva la possibilità di raccontare l’italiano come esempio positivo. Gli italiani, in America, sono percepito come coloro che hanno creato al mafia, Hollywood parla tantissimo degli italiani come mafiosi. Ma ci sono anche italiani che hanno combattuto la mafia e questo è un esempio”.

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“Poi – continua lo scrittore americano – la storia è interessante per i fatti che sono collegati alla storia di Joe Petrosino. Anzitutto il fatto che la mafia italiana, che io chiamo la mano nera come era in uso nei primi anni del 900, aveva un potere di ricatto psicologico che altre mafie non avevano. Era talmente pericolosa che rubava i bambini, faceva andare in aria gli uffici ma era pure infiltrata nelle banche e nel mondo degli affari. Joe Petrosino – racconta – diventa ufficiale di polizia perché essendo italiano può capire cosa dicono i mafiosi italiani. È una scelta politica che riesce a far creare una unità di poliziotti italiani, la maggior parte siciliani che combattono “la mano nera”. Ma la polizia newyorkese – prosegue lo scrittore – era prevalentemente composta da poliziotti irlandesi che non vedevano di buon occhio questa intrusione straniera, italiana, e che quindi osteggiarono Joe Petrosino”.

E la discriminazione nella polizia era un sentimento diffuso in tutta la nazione. “Petrosino – conclude Talty – divenne un eroe perché offriva sicurezza alle famiglie. Ma gli italiani vennero visti come delinquenti comunque. Erano ritenuti tali per una questione di sangue e per questo occorreva evitarne l’immigrazione. Ecco perché Petrosino fu spedito in Sicilia. Per indagare sui fenomeni migratori e sui criminali italiani. Si arrivò così al decreto che impediva di entrare in America a chi aveva commesso in Italia dei reati negli ultimi tre anni. Se qualcuno di questi criminali, inoltre, era presenti negli States allora doveva essere rimpatriato”.

Infine, Talty si concede a delle considerazioni sulla percezione della mafiosa, negli Stati Uniti, oggi. “La mafia – afferma – in America, è sempre stata e continua a essere considerata come un fenomeno criminale particolare. Oggi è più potente la mafia messicana, quella dei narcotrafficanti. Questa è realmente sentita come un problema insieme al terrorismo islamico. Non c’è un sentimento antimafia forte come quello che c’è qui. Senza dubbio però la mafia italiana esiste ancora ed è presente anche in alcuni aspetti culturali”.

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18 Luglio 2018, 11:26

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