03 Novembre 2019, 06:14
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PALERMO – “Fino a pochi giorni prima ci trovavamo a Parigi. Volevamo rimanere lì ancora per un po’, ma i nostri familiari ci aspettavano per la festa di Ognissanti e per dare i regali ai bambini”. Giuseppe Giordano, la moglie e i tre figli, erano così tornati a Palermo, poi avevano trascorso i primi due giorni di novembre nella casa di contrada Dogali-Cavallaro di Casteldaccia, tra risate, dolci e giocattoli donati ai bambini.
La tragedia nella notte di un anno fa, quando la furia dell’acqua ha travolto tutto ciò che incontrava, senza alcuna pietà. La casa in cui si trovavano in tutto tredici persone è stata investita dal fango, soltanto quattro i superstiti. Il maltempo che durante quel fine settimana ha colpito il Palermitano ha infatti provocato l’esondazione del torrente Milicia e ha letteralmente sterminato la famiglia dell’uomo, che ha perso la moglie, Stefania Catanzaro, il figlio Federico di 15 anni, la figlia Rachele di 3 anni, i genitori, la sorella, il fratello e il nipote. Nella strage è morta anche Nunzia Flamia, madre di Luca Rughoo, cognato di Giordano.
I due, al momento della tragedia erano usciti con le rispettive figlie per comprare dei dolci, e sono sopravvissuti. “Da quella maledetta notte – racconta Giuseppe – il mio unico motivo di vita è mia figlia Asia. Grazie a lei riesco a trovare la forza di andare avanti, ma mia moglie e gli altri due miei figli sono sempre con noi e il solo pensiero ci fa scoppiare in lacrime. Pochi giorni fa sarebbe stato il compleanno della bambina, io ed Asia lo abbiamo festeggiato. Ma per farlo siamo andati al cimitero, portando dei palloncini bianchi davanti alla tomba di Rachele. Nessuno può capire ciò che sento ogni giorno, è impossibile comprendere come è stata stravolta la mia vita”.
Giuseppe Giordano, titolare del negozio “Cirino moto” di via Costantino Lascaris a Palermo, dentro quella casa aveva tutti i suoi affetti. Una abitazione risultata abusiva, ma che veniva affittata in via amichevole alla famiglia da un conoscente. “Avessi saputo prima che lì non si poteva stare – racconta – non avrei mai messo a repentaglio la vita delle persone che amavo di più al mondo. Quella casa era un punto di riferimento per noi, ma si è inconsapevolmente trasformata in una tomba. Non perdonerò mai chi non ci ha avvisato della reale condizione di questa struttura, non perdonerò mai chi non mi ha detto nulla dei precedenti allagamenti, dei pericoli presenti in quella zona in caso di piogge abbondanti. Ho perso tutto, ho perso tutti”.
Giordano non trattiene le lacrime. Rivive come fosse ieri tutto ciò che è successo durante quella notte terribile. “Se Asia non fosse stata con me – dice – mi sarei lasciato andare anche io. Sono rimasto attaccato ad un albero con tutte le mie forze, ma soltanto perché mia figlia era con me. Ed oggi, ai ricordi, che mi perseguitano ad ogni passo e in ogni luogo di questa città, si aggiunge il dolore per l’assenza delle istituzioni. Si sono fatte vive soltanto dopo la tragedia, ma nessuno mai mi ha fatto una telefonata. Io trascorro le mie giornate al negozio, ho dovuto sostenere spese enormi, licenziare i miei dipendenti. Ma per fortuna c’è anche tanta gente che mi vuole bene e che mi ha dato una mano”.
Dodici mesi di dolore, di ricordi che affollano la mente. E una realtà inaccettabile con cui convivere. “Io e Asia – dice Giuseppe Giordano – tentiamo di vivere ogni giornata normalmente, ma conviviamo con lo strazio, il nostro cuore è molto fragile. Mia moglie era il nostro pilastro, i bambini avevano ancora una vita davanti. E li vediamo ovunque, basta poco per piangere. Qualche sera fa l’ho portata al McDonald’s, come facevamo quando eravamo tutti insieme. E’ bastato poco per ritrovarci con gli occhi lucidi, in preda alle lacrime. Abbiamo anche cambiato casa, per cercare di ricominciare, ma non escludo di lasciare Palermo. Io e mia figlia soffriamo in questa città, è troppo piena di ricordi”.
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03 Novembre 2019, 06:14