La verità di Lombardo: |”Anni di fango, Di Dio mente”

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10 Novembre 2016, 18:54

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Catania- “In questi anni è stato gettato solo fango e discredito ai miei danni, ma ritengo doveroso dire queste cose al processo, non fuori. Posso dimostrare che la mia azione politica ha nuociuto alla criminalità organizzata: io sono stato contro i parchi eolici e i termovalorizzatori”. Con queste parole Raffaele Lombardo inizia le dichiarazioni spontanee rese durante l’udienza di oggi nel processo d’appello che lo vede imputato per concorso esterno alla mafia. I documenti che servivano all’ex presidente della Regione per tenere il filo del discorso erano contenuti in un trolley parcheggiato proprio dietro il banco degli imputati: tutte le intercettazioni, tutti i provvedimenti, e un intero faldone dedicato alla ‘rassegna stampa’, a partire dalla notizia della richiesta di arresto del 12 maggio 2010, poi smentita dalla Procura di Catania.

A infliggere la condanna in primo grado è stata Marina Rizza, giudice del Tribunale di Catania che ha di recente lasciato l’ufficio Gip per andare alle Misure di Prevenzione: 6 anni e 8 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa, che sono diventati 7 anni e 8 mesi nella richiesta fatta dai Pm Agata Santonocito e Sabrina Gambino in appello. In aula, ad assistere Lombardo di fronte il collegio giudicante presieduto da Tiziana Carrubba, l’avvocato Alessandro Benedetti. Si inizia dal geologo Giovanni Barbagallo: “É un millantatore – dichiara Lombardo – io l’ho allontanato appena cominciò a chiedermi cose che erano in conflitto con la mia visione, a partire dai parchi eolici. Barbagallo ottenne la perizia per il termo-valorizzatore di Paternò. Ripeto io lo allontano perché ho capito che era intermediario di interessi affaristici, ma non pensavo anche mafiosi. Tutto questo prima della mia elezione a presidente della Regione”.

Una prova delle millanterie di Barbagallo, secondo Lombardo, risiede proprio nell’insignificante sostegno elettorale: “Confluì nel Movimento per l’Autonomia dopo essere stato folgorato sulla via di Damasco – esclama Lombardo – proveniva da Nuova Sicilia, e si propose di sostenere Angelo Lombardo a Castel di Judica, ma Barbagallo non ha un voto, che sia uno”. Tutte le intercettazioni lette in udienza dimostrerebbero – secondo Lombardo – proprio la sua ‘inavvicinabilità’. “Si è messo la Dda in casa”-  recitano le intercettazioni riferendosi agli assessori della Giunta regionale Massimo Russo e Caterina Chinnici.

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“Di Dio mente sistematicamente – esclama Lombardo – e spero che gli sconti di pena che ha avuto siano legati alle attenuanti e non alle bugie che racconta. I tabulati dimostrano che non ero lì dove Di Dio mi colloca, e poi che senso avrebbe avuto chiedere voti la sera prima delle elezioni? La questione degli incontri cade sempre alla vigilia delle elezioni”. “I collaboratori che parlano di me spuntano di punto in bianco – continua – io non ho mai conosciuto Francesco La Rocca e non sapevo nemmeno dell’esistenza di Vincenzo Aiello. Gli incontri con alcuni personaggi sono stati solo incontri come tanti che ho avuto in politica, e comunque, in ‘castità’ – sottolinea Lombardo – con gli affari dei centri commerciali non c’entro nulla e tutte le testimonianze che abbiamo ascoltato in questo processo confermano quello che dico. L’intercettazione nello studio di Mario Ciancio è importante per quello che non dice – afferma in chiusura Lombardo – non c’è nulla su un mio interesse per l’assegnazione di lavori”.

Una vicenda giudiziaria che dura ormai dal 29 marzo 2012, quando il gip Luigi Barone dispose l’imputazione coatta per Raffaele e Angelo Lombardo: siamo alle ultime battute di un processo che ha raccontato un decennio di relazioni politiche e interessi affaristico-criminali. Le dichiarazioni spontanee di oggi sono state il preludio, e forse anche uno sfogo, prima dell’arringa difensiva da parte dei legali. La sentenza è prevista a fine gennaio 2017.

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10 Novembre 2016, 18:54

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