09 Settembre 2012, 20:22
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Sulla stagione delle stragi le procure di Palermo, Firenze e Caltanissetta “continuano ad indagare ma non è ancora emersa tutta la verità. Ad oggi, in queste condizioni, questo è il massimo risultato”. Lo ha detto il magistrato di Palermo, Antonio Ingroia, intervenendo alla festa del Fatto Quotidiano a Marina di Pietrasanta. “Dovete cambiare la classe dirigente – ha detto al pubblico Ingroia – e questo ceto politico. Si deve voltare pagina”. Ingroia ha chiesto alla politica “segnali concreti per fare un salto di qualità alla lotta alla criminalità”, aggiungendo: “Non credo che questo potrà avvenire con questo Parlamento che ha approvato leggi ad personam e che è responsabile del disastro legislativo in cui ci siamo trovati”. Quindi, ripercorrendo quegli anni, Ingroia ha spiegato: “C’é stata una contrattazione a colpi di stragi, con cui i mafiosi contrattavano un patto con il vecchio e col nuovo che avanzava. Credo che fenomeni di corruzione a cui abbiamo assistito negli anni successivi – ha aggiunto Ingroia – siano una conseguenza di questo nuovo patto di connivenze. Questo è quello che è scritto in sentenze che la politica non ha voluto guardare. La mafia è un sistema di potere criminale che ha complicità in pezzi di istituzioni, specie politiche, e in piani alti della società. La verità – ha concluso il pm – è dimezzata per colpa di troppi depistaggi all’interno degli apparati istituzionali o alle timidezze della politica e di certa magistratura”.
“A fronte di queste invettive abbiamo ascoltato un silenzio assordante (rotto solo da pochi) per esempio dal Consiglio superiore della magistratura e dagli organi romani dell’Associazione nazionale dei magistrati”. Lo ha detto il magistrato palermitano, Nino Di Matteo, dal palco della festa del Fatto Quotidiano, a proposito degli attacchi ricevuti dai pm dell’inchiesta sulla trattativa tra Stato e mafia in relazione alla vicenda delle intercettazioni tra il presidente Giorgio Napolitano e l’ex ministro Nicola Mancino. “Ci hanno definito eversivi, ideatori ed esecutori del ricatto al capo dello Stato”. “Credo che questa – ha aggiunto Di Matteo – sia la peggiore infamia che si possa gettare addosso non dico ad un pm ma anche ad un privato cittadino”.
Nella vicenda delle intercettazioni tra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e l’ex ministro Nicola Mancino “non vedo – ha aggiunto Di Matteo – nulla che non la mistificazione e la malafede per trovare in questa vicenda lo spunto per rilanciare una riforma delle legge sulle intercettazioni. La legge delle intercettazione va bene com’é – ha aggiunto Di Matteo – non vedo la necessità di cambiare questo strumento fondamentale per le inchieste sulla mafia, sulla criminalità dei colletti bianchi e nella pubblica amministrazione. Riformare quella legge sarebbe un arretramento gravissimo sul fronte del contrasto alla criminalità”.
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09 Settembre 2012, 20:22