L’anno nuovo di Palermo

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02 Gennaio 2012, 03:41

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Intorno alla mezzanotte del trentuno, a Palermo, c’è stata la guerra. I divieti, i consigli, i sussurri hanno creato un effetto moltiplicatore. Botti come se piovesse. Il signore dell’appartamento accanto si è sbizzarrito nella balistica. Ha sistemato una specie di mitragliatrice nel vaso di gerani. Tre razzi alla Rambo, uno dopo l’altro. I primi due sono esplosi nel vaso, dilaniando i gerani in uno schizzo di petali rossi. Il terzo si è inerpicato fino al cielo. E non l’abbiamo visto più. Non abbiamo riconosciuto nemmeno il viso del Molotov di una notte folle. Solo un’ombra di profilo. E un paio di mani terroriste, affaccendate a preparare ordigni.

Poi è stata la volta del “baccarà”. Uno dei cortesi padroni di casa, uomo dal tratto nobile e dalla cordialità genuina, ha mescolato le carte con fare noncurante e saputo, accollandosi l’onere del banco, accennando vagamente a certi trascorsi da giocatore: minuti aneddoti di carte, di “come” e di battute. Lì per lì, non si è dato perso al particolare, alle piccole cose gustose che fluivano dalla narrazione dell’ospite e che sono diventate di rilievo per la fresca memoria all’ultima mano, quando il banco ha spazzolato i resti delle puntate, lasciando macerie di ciste e portafogli infranti.
Si è fatta l’alba. Il momento ideale per andare a trovare Palermo.

Nessuno in strada. Un soprassalto di fortuna, come gli otto e i nove del simpatico anfitrione. Palermo senza i palermitani. Nella sua forma migliore. Via Libertà sgombra, con la sua strada liscia e le palazzine sopravvissute alle ruspe in una cornice di bagliori studiati dall’anima in transito di un angelo Caravaggio. Piazza Politeama arrossata dai fuochi in estinzione del Capodanno, cattedrale di voti trattenuti e liberati nel brindisi. Una sterzata con la coda dell’occhio al mare. La gobba dell’Ucciardone, un monumento all’inumanità, alla detenzione feroce di guardie, ladri e assassini, accomunati dallo stesso perimetro di pena. La Favorita. E qui perfino la voce di Ivan Graziani in macchina è stata una carezza superflua La Favorita ha la sua musica. Silenzio interrotto da lievi spostamenti di foglie. Di nuovo il mare, a Mondello, con un’insana voglia di tuffo, temperata dal buonsenso. Verrà l’estate. Forse ci saremo.

Dove l’abbiamo smarrita Palermo? Perché è meravigliosa e vera quando non ci siamo noi e sordida quando la violentiamo con la nostra cecità? Perché abbiamo regalato volentieri il marchio di esclusiva dannazione a un sindaco – sicuramente, dal canto suo, impreparato – senza trovare il coraggio di toccarci il petto con un dito e riconoscere la nostra colpa? Se il Comune avesse i soldi dovrebbe finanziare il montaggio di uno specchio gigante alla Marina. Ogni palermitano potrebbe specchiarsi e notare la bruttezza sulle sue guance, nei suoi occhi. Per fortuna il Comune non ha soldi.
Eppure, c’è sempre chi si lamenta da vittima a Palermo, brandendo il coltello dell’assassino. E c’è qualcuno che uccide i fiori per sparare due razzi, disposto a sacrificare l’incanto per il botto. Non resta altro da sperimentare che alzarsi presto e uscire all’alba, pur di godersi la favola di una città leggiadra come una carrozza fatata. La zucca piomba sulla scena, puntuale, alle otto del mattino. All’ultimo rintocco.

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02 Gennaio 2012, 03:41

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