15 Gennaio 2015, 20:08
3 min di lettura
PALERMO – I documenti finanziari sono ormai pronti per il Tribunale: l’ente Lavoro Sicilia s.p.a. si avvia inesorabilmente verso il fallimento. Un’altra pagina nera nel disastro delle società partecipate della Regione. Un passo che, come ha detto il legale rappresentante del socio unico, Grazia Terranova, all’ultima assemblea dei dipendenti, non è più procrastinabile. E davanti all’inerzia della Regione, il liquidatore, Giovanni Ravì, non ha altra scelta, anche se sa bene che una società pubblica non può semplicemente fallire come una qualsiasi attività privata. “Ma la giurisprudenza su questo tema non è univoca”, spiega, annunciando la presentazione dell’istanza di fallimento entro l’inizio della prossima settimana.
Lavoro Sicilia sprofonda verso la chiusura, quindi, di fronte alla rabbia e alle paure dei dipendenti, senza stipendio da dieci mesi ormai ma con attività ancora in piedi da portare avanti, come per esempio la rendicontazione del progetto PTTA 85, di cui ci siamo occupati su Livesicilia dopo l’abbandono dell’Azienda regionale delle foreste. Ma soprattutto i nove dipendenti di Lavoro Sicilia non riescono a spiegarsi come mai la Regione non affronti il problema, anche di fronte alle soluzioni più ovvie. “Siamo soltanto nove – dicono – è vero, ma non per questo meritiamo di essere le prime vittime della macelleria sociale”.
Nelle piante organiche delle società partecipate “messe in salvo” dalla Regione, perché considerate strategiche, pare ci sia posto per tutti i dipendenti delle altre società messe in liquidazione. Lo hanno spiegato i sindacati ai rappresentanti del Parlamento e del Governo regionali nell’ultima seduta della Commissione Bilancio dell’Ars che li ha riguardati. E i posti liberi sarebbero addirittura superiori al numero di dipendenti che sono stati iscritti nell’albo unico del personale delle società partecipate in liquidazione.
Sembra manchi, però, la volontà politica di affrontare e risolvere il problema. “Abbiamo spiegato all’assessore Alessandro Baccei – dice il sindacalista Nino Drago, del Coordinamento regionale Enti e Partecipate della Cisl – che questo non è un caso senza soluzione, che serve soltanto un po’ di buona volontà da parte del governo per sbrigare quelle formalità burocratiche che sono necessari per il trasferimento del personale da un ente all’altro”.
Ecco l’elenco dei possibili trasferimenti che potrebbero tamponare l’emergenza delle partecipate e trovare un’occupazione per i 29 iscritti dell’albo unico. L’Irfis, per esempio, ha esaminato e selezionato tra i dipendenti del Ciem undici candidati che potrebbero sopperire alla carenza di organico più volte denunciata al socio unico. Carenza che non può essere stata risolta, nonostante il mancato via libera ai trasferimenti, per via del blocco delle assunzioni che vige sulle società partecipate. Esiste un corposo carteggio tra Irfis e assessorato al Bilancio sul tema, ma il cambio continuo di assessori ha seppellito le carte sotto altre mille questioni. Altri tre dipendenti del Ciem sono già in comando presso Sicilia e Ricerca e l’ente ha già dato la propria disponibilità a trattenerli: ha commesse fino al 2020 e un bilancio senza problemi di liquidità.
Sicilia e-Servizi ha scritto alla Regione che sarebbe stato possibile aggiungere al proprio personale altre sette unità, dopo l’approvazione del nuovo piano industriale. Piano che l’assessorato ha bocciato. E poi c’è Sicilia Patrimonio Immobiliare, finito sotto i riflettori dopo l’ennesima denuncia in Procura del governatore Rosario Crocetta: nella pianta organica della partecipata ci sono 22 disponibilità di contratti co.co.pro, ma attualmente ce ne sono soltanto sette. Insomma, considerando che i dipendenti delle Terme di Sciacca verranno “venduti” con il prossimo contratto di privatizzazione, nelle Partecipate sane della Regione c’è spazio anche per chi resta fuori da quelle in liquidazione.
Una soluzione, quella dei trasferimenti, che permetterebbe, quindi, di risolvere il problema almeno temporaneamente, in attesa di una legge organica di riordino del settore delle Partecipate. Una soluzione sicuramente produttiva per la Regione che pagherebbe questi 29 lavoratori per il loro lavoro, piuttosto che rimanere a casa in attesa di sistemazione. “E anche una soluzione più vantaggiosa per la Regione – assicura Drago – perché il danno per le casse regionali sarebbe più serio se queste persone decidessero di ricorrere al giudice amministrativo”.
Pubblicato il
15 Gennaio 2015, 20:08