10 Maggio 2024, 06:50
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PALERMO- Nella sala accogliente dell’hotel Nh Palermo in via Crispi, il sentimento dominante è la curiosità per quel terzetto che si presenta, sorridendo, alla platea. Tre percorsi politici che si uniscono: uno che rientra in scena e appoggia due che sono già in campo per le elezioni europee.
C’è Gianfranco Miccichè, incenerito politicamente dall’assalto all’Olimpo del governatore Schifani. Ha pagato per la faida forzista e vuole rinascere dalle sue ceneri. C’è Caterina Chinnici, eurodeputata uscente del Pd che la candidò alle Regionali, oggi capolista con Forza Italia.
C’è Marco Falcone, in corsa per un seggio, assessore all’Economia proprio della giunta Schifani. Il presidente della Regione appare, suo malgrado, quale l’invisibile convitato di pietra dell’assemblea.
L’attesa è pienamente giustificata, come l’attenzione per quel trio che presenta qualche contraddizione. Per esempio, in una celebre occasione pubblica in cui furono presenti entrambi, esplose un diverbio memorabile tra Miccichè e Falcone, con il secondo che invitò platealmente il primo all’esilio: “Gianfranco, devi andare a casa!”. Acqua passata. Marco e Caterina sono i compagni di viaggio che Gianfranco sostiene.
“Marco è una persona perbene – dice lo stesso Miccichè, durante una passeggiatina informale prima del comizio -. E poi, si sa: il nemico del tuo nemico è tuo amico…”. “Presidente!”, qualcuno lo rimbrotta. “E perché – ribatte – lo sto raccontando a tutti”.
“Da due anni non facevo una riunione. Ricominciamo – esordisce Gianfranco Miccichè che si toglie qualche sassolino dal cuore, al microfono -. Ho avuto col mio partito storico un momento difficile e ho commesso degli errori pagati un po’ troppo. Con Marco Falcone, da anni, quando lavoriamo insieme, stiamo benissimo”.
“Noi abbiamo un rapporto un po’ strano – prosegue -, nnamu sciarriato, ma ci riconosciamo la stima reciproca. Lui è il più bravo, fino a oggi. Io vorrei gente brava al governo. Questa gestione per cui gli assessorati vengono dati secondo carta d’identità, non per curriculum, non mi sta bene, non la posso accettare. Rivendico il diritto di esserci e di fare politica. Amo la politica, non voglio posti”. In prima fila, applaudono due forzisti doc: la senatrice Daniela Ternullo e il deputato Tommaso Calderone.
“Voglio ringraziare ancora una volta Antonio Tajani – dice Caterina Chinnici – per una candidatura che è un onore, ma pure il riconoscimento del tanto e impegnativo lavoro portato avanti al Parlamento europeo in dieci anni. Io sono indipendente e autonoma, quando scelgo una causa lo faccio in modo totale. E’ importante far sentire la propria voce in Europa, ma, per farlo, bisogna esserci”.
“Questo partito è, con maggiore determinazione, con la sobrietà dei moderati, aperto e inclusivo – conclude Marco Falcone -. Una comunità che parla alla testa della gente, non alla pancia, che si inserisce nel solco del Partito Popolare, la più grande famiglia politica europea. Quello dato a Forza Italia è il voto più utile. Costruiamo la casa delle idee, del confronto e perfino delle diversità di vedute. Nella nostra lista confluiscono il Movimento per l’Autonomia, Noi Moderati, i Riformatori e, a quanto pare, anche la Nuova Dc darà il proprio sostegno”. Una ‘tessitura’ di tanti rimandi, il pezzo più politico.
Ma il mattatore, alla chiusura del sipario, è ancora Miccichè che incrocia le sue battute con gli interlocutori di turno, né potrebbe essere diversamente: “Non lo dire più… se non sono tutti e due eletti… siamo sicuri. Se ne prendiamo uno solo, siamo disgraziati. Sono tornato in Forza Italia e ti pare che perdono i miei candidati?”. E quando la regia manda l’inno storico: “L’ho sentito cantato da Apicella, a casa di Berlusconi. Io c’ero”.
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10 Maggio 2024, 06:50