L’estate di Gianfranco e Angelino | Chi sorride e chi resta al palo

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01 Settembre 2017, 18:52

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PALERMO – La lunga partita pre-elettorale con annesso balletto di coalizioni, alleanze, candidature, è stata anche l’ultimo di una lunga serie di incroci tra i due amici-nemici, più nemici che amici va subito detto, che si sono alternati ai vertici delle truppe berlusconiane siciliane. Gianfranco Miccichè e Angelino Alfano, già compagni di partito e arcinemici, sono tornati a incrociarsi in questa tormentata estate. Con un copione sorprendente, e cioè quello del corteggiamento da parte di Miccichè all’indirizzo di Angelino, cercato e inseguito per allargare la coalizione di centrodestra. Un avvicinamento dopo la dolorosa rottura del passato, quella maturata prima ancora che l’ex delfino abbandonasse Berlusconi, in quell’antipasto siciliano di scissione che a parti invertite vide Miccichè abbandonare il Pdl alfaniano per fondare il suo movimento meridionalista.

Dopo tanta guerra è scoppiata la tregua estiva. E Miccichè ha cercato di riportare alla casa del centrodestra Alfano e i suoi. Non è andata così. Oggi il centrodestra s’è presentato a Palazzo dei Normanni con una parata di big che è parsa quasi uno scherzo della macchina del tempo, un’immagine di un’altra era, quella in cui la destra saldamente teneva in mano i destini dell’Isola. Tra questi, Angelino non c’era. Lui e i suoi rimangono tra color che son sospesi, aspettando gli eventi con venti di scissione che incombono.

Alternativa popolare, infatti, malgrado l’accordo romano di massima con Matteo Renzi, continua a non dire una parola sulla candidatura di Fabrizio Micari, aspettando che il Pd la proponga ufficialmente. Il temporeggiatore Alfano prende tempo, rimandando la resa dei conti interna con quel pezzo delle sue truppe che guarda al centrodestra e che è pochissimo entusiasta di sostenere il rettore di Palermo. Potrebbe anche non bastare l’offerta del ticket, con Giovanni La Via vice. Lo stesso eurodeputato ieri ha chiesto le primarie, che vengono invocate pure da Rosario Crocetta e oggi da Bruno Tabacci. Un bel caos.

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Insomma, la posizione degli alfaniani oggi sembra piuttosto scomoda. E almeno al momento, tra lui e il vecchio rivale Miccichè, sembra sia andata meglio a quest’ultimo.

Stamattina i signori del centrodestra apparivano galvanizzati e ringalluzziti attorno a Nello Musumeci, che con tenacia alla fine ha portato a casa la candidatura unitaria. C’è un ritrovato entusiasmo in quell’area politica che fiuta aria di vittoria e di ritorno al potere dopo una difficile traversata del deserto. E Miccichè, che è stato il regista del ricompattamento del blocco politico che portò a Palazzo d’Orleans Totò Cuffaro prima e Raffaele Lombardo poi, può comunque essere soddisfatto.

Certo, ci sono stati i passi falsi, i travasi di bile, i duelli rusticani e la coalizione che s’è presentata oggi sorridente ai fotografi ha offerto un’anteprima negli ultimi due mesi di quali tensioni covano al suo interno. I rospi da ingoiare per il commissario non sono mancati. A partire dall’autocandidatura di Musumeci, “troppo di destra” ammette Miccichè all’agenzia Italpress fino alla rinuncia di Armao (“Tra cinque anni potrà essere il candidato di tutto il centrodestra e vincere”, dice il commissario di Forza Italia nella stessa intervista, mettendo sin d’ora le mani avanti su una ricandidatura di Musumeci). Insomma, la strada è stata disseminata d’ostacoli. Ma il successo finale è alla portata, come raccontano i sondaggi che circolano dalle parti del centrodestra. E Miccichè ora può coltivare il suo sogno di tornare sulla poltrona della presidenza dell’Ars. Mentre Angelino, rimasto dall’altra parte, ancora aspetta.

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01 Settembre 2017, 18:52

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