Giornalisti dell'ufficio stampa| Stesso tribunale, sentenze opposte - Live Sicilia

Giornalisti dell’ufficio stampa| Stesso tribunale, sentenze opposte

La stessa sezione Lavoro del tribunale di Palermo si pronuncia con decisioni opposte sui ricorsi degli ex addetti stampa di Palazzo d'Orleans licenziati da Crocetta. L'avvocato Equizzi: "Difficile da capire per l'opinione pubblica"

PALERMO – Può la giurisprudenza assumere i contorni della roulette russa? Magari mancherà il brivido del grilletto che va a vuoto senza trovare il proiettile nel tamburo, ma quanto accaduto nei giorni scorsi dalle parti del tribunale di Palermo, sembrerebbe, almeno a prima vista, ricordare proprio il gioco perverso reso celebre dal film Il cacciatore.

La vicenda è quella dei giornalisti dell’ufficio stampa della Regione. Erano una ventina, tutti capiredattori, la qualifica più alta prevista dal contratto nazionale, la gran parte di essi assunti per chiamata diretta regnante Totò Cuffaro. Come noto, Rosario Crocetta li ha licenziati alle primissime battute della legislatura, additandoli pubblicamente anche in trasmissioni televisive come esempio di un andazzo del passato da smantellare. Accade adesso che i ricorsi presentati dai giornalisti licenziati contro il licenziamento stiano andando a sentenza. Solo che a distanza di due soli giorni il giudice del lavoro di Palermo si è pronunciato sulla stessa vicenda con esiti contrapposti. Lo scorso 16 luglio, una sentenza di Antonio Ardito, presidente della sezione lavoro del tribunale di Palermo, ha parzialmente accolto il ricorso di una dei giornalisti licenziati, difesa dall’avvocato Agostino Equizzi.

Nella sentenza, che condanna la Regione a pagare circa 95 mila euro (dieci mensilità lorde) a titolo risarcitorio e poco meno di 99 mila euro come indennità sostitutiva del preavviso, il magistrato assume che il rapporto di lavoro dei giornalisti fosse di tipo pubblico e subordinato. La natura “fiduciaria” del rapporto, evocata da Crocetta, o il fatto che l’ufficio stampa operi alle dirette dipendenze del governatore, non escludono – secondo il giudice – che il rapporto di lavoro dei giornalisti sia assimilabile a quello degli altri regionali (e non, si legge nella sentenza, al regime fiduciario di “esperti” e consulenti” che invece sono disciplinati da altre norme e che “possono essere revocati in qualunque momento”). Da qui l’applicazione della legge Fornero e l’inefficacia del licenziamento, con le conseguenze previste dalla stessa normativa in caso di licenziamento immotivato (fra queste non c’è la reintegra del lavoratore).

Una buona notizia non solo per la giornalista interessata, ma anche per gli altri suoi colleghi in attesa di conoscere il responso dei giudici. Eppure, a distanza di pochi giorni (non dopo, come avevamo riportato in un primo momento, ma prima), un’altra sentenza aveva deciso in modo del tutto diverso. Il giudice del lavoro Paola Marino, infatti, respinge i ricorsi di altri quattro dei 21 giornalisti licenziati. Stesso ufficio, magistrati diversi, decisioni diametralmente opposte. Con la nuova sentenza il giudice Marino infatti afferma che il licenziamento è legittimo perché i giornalisti erano in servizio in forza di un “incarico fiduciario”. E quindi ricorso respinto e condanna al pagamento delle spese legali, che invece nella causa davanti al giudice Ardito sono finite a carico della Regione per quattromila euro. Una decisione analoga a quella assunta da altre due sentenze precedenti.

“Si registra all’interno della stessa sezione del tribunale una diversità nella decisione di controversie dal contenuto analogo. Tutto ciò indubbiamente apparirà di difficile comprensione per i cittadini e per l’opinione pubblica”, commenta l’avvocato Equizzi. Per un altro giornalista da lui difeso la sentenza si attende dopo l’estate. Ma stavolta a pronunciarsi sarà uno dei magistrati che hanno già respinto i ricorsi dei colleghi.

 


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