Lumia, la querela e le polemiche |Contrafatto: “Ho impegni più seri”

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16 Gennaio 2015, 13:17

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PALERMO – Da pubblico ministero aveva chiesto l’archiviazione dell’inchiesta a carico di Giuseppe Lumia, senatore del Pd. Ora il sostituto procuratore Vania Contrafatto fa l’assessore del governo regionale. È un tecnico in quota dello stesso partito del senatore Lumia che l’avvocato Ennio Tinaglia definisce “il regista del governo Crocetta”.
La polemica è servita. Ad aprirla sono le parole di Tinaglia, difensore di Davide Romano, il giornalista che si è sentito diffamato da Lumia e lo ha denunciato, dopo essersi rivolto pure al giudice del Lavoro per vedere riconosciuti i suoi diritti che ritiene siano stati lesi. Al penalista, più che i temi politici, stanno a cuore le sorti della querela del suo assistito che per il pm Contrafatto andava archiviata. Il suo intervento, però, sposta la faccenda proprio sul terreno della politica: “La dottoressa Vania Contrafatto, dopo avere avanzato due richieste di archiviazione, è entrata a far parte, a pieno titolo, proprio del governo Crocetta, in qualità di assessore all’energia e ai rifiuti. La Contrafatto è, inoltre, sposata con Sandro Leonardi, consigliere comunale del medesimo partito di Crocetta e di Lumia. Nel mio assistito si è ingenerata la sgradevole sensazione che sia stato esattamente questo contesto ad avere orientato le scelte del pm”.
La querela parte quando a Romano non andarono giù le dichiarazioni del senatore che lo aveva tacciato di “aver tentato di imbrattare l’On.le Sonia Alfano” e sostenuto che Romano fosse “un personaggio conosciuto nell’ambiente per il suo ‘stile'”. Nella querela l’avvocato Tinaglia bollò le frasi come “assolutamente debordanti rispetto al fisiologico esercizio del diritto di critica, e si traducono in una oggettiva denigrazione per il loro destinatario”.
Due giorni fa la vicenda è approdata in un’aula di giustizia. La Contrafatto era assente, ormai è fuori ruolo per il suo incarico di assessore all’Energia. L’avvocato Tinaglia si è opposto alla richiesta di archiviazione e ha pure chiesto al giudice per le indagini preliminari Giuliano Castiglia di rinviare gli atti in Procura affinché il fascicolo venga trattato da un altro magistrato. Insomma, vuole che si ricominci da capo. Nei suoi 3 minuti e 55 secondi di intervento il legale ha chiarito il senso della “sgradevole sensazione” vissuta dal suo cliente. E lo ha fatto riportando frasi non sue. Ha citato, innanzitutto, l’intervento di un magistrato togato del Consiglio superiore della magistratura: “Nel caso di chiamata di un magistrato ad un incarico pubblico da svolgere in un territorio che rientra nell’ambito della sua giurisdizione, dato che le chiamate sono, per loro natura, frutto di collegamenti con la parte politica che ‘chiama’, collegamenti che, al pari delle candidatura nel caso di elezioni, non nascono dall’oggi al domani, non può non sorgere il dubbio, nella larga maggioranza di coloro che risiedono nel territorio interessato, che il magistrato abbia orientato i propri comportamenti giudiziari al fine di ingraziarsi gli organi politici, i partiti, e la cariche istituzionali operanti sempre in quel territorio, che poi lo hanno chiamato”.
Poi, dal caso generale Tinaglia è arrivato fino a quello particolare della scelta “politica” della Contrafatto. Ancora una volta Tinaglia ha citato parole di altri: ripete quanto dichiarato dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci che, nei giorni in cui la Contrafatto diventava assessore, con i gradi di capo facente funzioni della Procura dichiarava “che quello offerto dalla dottoressa Contrafatto è un esempio, per certi versi molto più grave degli altri colleghi entrati in politica, delle interferenze del mondo della politica sull’attività inquirente, in particolare della Procura della Repubblica, che finisce per danneggiarci”.
La chiosa di Tinaglia, stavolta senza citazioni altrui, è stata altrettanto graffiante: “Credo che la scelta di processualizzare questa situazione di malessere sia quella più corretta dal punto di vista istituzionale, e quella più in linea con il mio ruolo di difensore. Quello che stiamo trattando è un processo ormai ‘ammalato’ e non solo per il malessere che avverte il mio assistito. Lo stesso indagato, se lei rigetterà la richiesta di archiviazione, potrebbe essere portato a pensare che la sua decisione abbia tratto fondamento dalla voglia di allontanare da sé il sospetto di un qualunque condizionamento, specie dopo quello che sto dicendo. E’ esattamente questa la patologia del processo alla quale facevo riferimento. E allora le chiedo: la responsabilità di tutto questo è di chi, come me, sta denunciando la patologia, o di chi l’ ha determinata con le sue scelte dal fortissimo sapore “politico”? Al punto in cui ci troviamo, io auspico che lei, d’ufficio, decida un approfondimento investigativo da compiere in tempi compatibili con la ragionevole durata del processo”.
Chi la polemica intende farsela scivolare addosso è proprio il magistrato divenuto assessore che taglia corto: “Dal punto di vista del pm ho fatto valutazione in diritto e sarà il giudice a decidere se ci sia spazio per archiviare o meno”. E la polemica politica?: “Non voglio entrarci, ho cose più serie da fare. Ma poi, scusi, a giugno, epoca della richiesta di archiviazione, io avrei dovuto immaginare che cadeva il governo Crocetta e che mi avrebbero chiamato? Glielo ripeto, ho cose più serie a cui pensare”. Nel frattempo, Renza Cescon, il nuovo pm a cui il fascicolo è stato assegnato, ha chiesto la trasmissione del verbale di udienza per valutare eventuali profili per ipotizzare reati a carico dello stesso penalista. Il giudice deciderà nei prossimi giorni.

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16 Gennaio 2015, 13:17

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